"Sorella, poniamo pure che Dio esista. Ma perchè tutti questi riti, questi gesti, queste preghiere?"
"Perchè l'amore è esagerato. Lei ha mai amato qualcuno senza esagerare?"
sabato, marzo 30, 2002
giovedì, marzo 28, 2002
7 minuti di intervista Abacus sui servizi delle FS.
Sono stato troppo buono se penso che ieri mi son fatto 2 ore seduto su uno scalino.
Il treno è il mio mezzo di trasporto preferito, negli ultimi mesi ho superato i 10.000 km, incredibile.
Solo questa settimana quasi 1300.
Ma è così comodo, la mattina sali, ti riposi, leggi la posta appena scaricata sul notebook, raccogli un po' di quotidiani e sei a lavoro.
La sera risali, ti riposi, mangi un panino, scrivi un po' di messaggi ascoltando musica e sei a casa. (Se tutto va bene)
Sono stato troppo buono se penso che ieri mi son fatto 2 ore seduto su uno scalino.
Il treno è il mio mezzo di trasporto preferito, negli ultimi mesi ho superato i 10.000 km, incredibile.
Solo questa settimana quasi 1300.
Ma è così comodo, la mattina sali, ti riposi, leggi la posta appena scaricata sul notebook, raccogli un po' di quotidiani e sei a lavoro.
La sera risali, ti riposi, mangi un panino, scrivi un po' di messaggi ascoltando musica e sei a casa. (Se tutto va bene)
mercoledì, marzo 27, 2002
Never let a fool kiss you or a kiss fool you.
www.chiasmus.com
A web site for word, language and quotation lovers.
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Andreotti su Repubblica di oggi, parlando di Berlusconi:
"Penso però che sarebbe il caso di adottare una vecchia cerimonia della Chiesa: il Papa, al momento di nominarli, chiudeva simbolicamente la bocca ai nuovi cardinali. Non sarebbe male fare la stessa cosa con i ministri. Io stesso so per esperienza che qualche volta ti fanno più danno i tuoi che non gli oppositori...".
"Penso però che sarebbe il caso di adottare una vecchia cerimonia della Chiesa: il Papa, al momento di nominarli, chiudeva simbolicamente la bocca ai nuovi cardinali. Non sarebbe male fare la stessa cosa con i ministri. Io stesso so per esperienza che qualche volta ti fanno più danno i tuoi che non gli oppositori...".
martedì, marzo 26, 2002
lunedì, marzo 25, 2002
Oggi una amica, quasi cieca, mi ha riconosciuto dall'odore (dalla puzza diranno i maligni).
Sono rimasto sconvolto. Sarà perchè io gli odori li sento raramente e solo alcuni ma vedere avvicinarsi qualcuno, che ti annusa e dice: 'ah, sei Angelo', beh, è davvero sconvolgente.
Anche perchè non uso profumi, indossavo un vecchio giubbino e poi non ci frequentiamo così spesso.
Chi sa com'è un mondo scuro ma pieno di odori? Forse più interessante del mio.
Sono rimasto sconvolto. Sarà perchè io gli odori li sento raramente e solo alcuni ma vedere avvicinarsi qualcuno, che ti annusa e dice: 'ah, sei Angelo', beh, è davvero sconvolgente.
Anche perchè non uso profumi, indossavo un vecchio giubbino e poi non ci frequentiamo così spesso.
Chi sa com'è un mondo scuro ma pieno di odori? Forse più interessante del mio.
venerdì, marzo 22, 2002
giovedì, marzo 21, 2002
La fine
Dio sa. Ci apprestiamo a dormire
contenti in qualche modo,
sorridenti di aver pianto,
così come nei regni
sconfitti le stelle profondamente
silenziose sorridono e non sanno.
Dio sa. E se Egli non sapesse
e non esistesse, qual è la verità?
Non importa se non adattiamo
la nostra vita al nostro vivere.
Felici d'aver sonno e lacrime,
culliamo le nostre paure!
F. Pessoa
Dio sa. Ci apprestiamo a dormire
contenti in qualche modo,
sorridenti di aver pianto,
così come nei regni
sconfitti le stelle profondamente
silenziose sorridono e non sanno.
Dio sa. E se Egli non sapesse
e non esistesse, qual è la verità?
Non importa se non adattiamo
la nostra vita al nostro vivere.
Felici d'aver sonno e lacrime,
culliamo le nostre paure!
F. Pessoa
Stanotte mi sono svegliato, saranno state le cinque e mi è passato il sonno. Pensavo: non ho nulla da fare, non devo fare nulla, neppure dormire.
Come sarebbe la vita senza bisogno di dormire? Faremmo quasi il doppio delle cose, non ci sarebbe la camera da letto, i pigiami, la programmazione notturna in TV, le persiane per evitare la luce del mattino, il bacio della buonanotte; il telefono squillerebbe ad ogni ora, rumori continui, ...
Dopo cinque minuti ero lì che russavo nuovamente.
Come sarebbe la vita senza bisogno di dormire? Faremmo quasi il doppio delle cose, non ci sarebbe la camera da letto, i pigiami, la programmazione notturna in TV, le persiane per evitare la luce del mattino, il bacio della buonanotte; il telefono squillerebbe ad ogni ora, rumori continui, ...
Dopo cinque minuti ero lì che russavo nuovamente.
mercoledì, marzo 20, 2002
Sfere di fuoco
Nei mesi oscuri la mia vita scintillava
solo quando ti amavo.
Come la lucciola si accende e si spegne, si accende
e si spegne,
– dai bagliori si può seguire il suo cammino
nel buio della notte tra gli ulivi.
Nei mesi oscuri l’anima stava rannicchiata
e senza vita
ma il corpo veniva dritto verso di te.
Il cielo notturno mugghiava.
Furtivi mungevamo il cosmo e siamo sopravvissuti.
Thomas Transtromer
Nei mesi oscuri la mia vita scintillava
solo quando ti amavo.
Come la lucciola si accende e si spegne, si accende
e si spegne,
– dai bagliori si può seguire il suo cammino
nel buio della notte tra gli ulivi.
Nei mesi oscuri l’anima stava rannicchiata
e senza vita
ma il corpo veniva dritto verso di te.
Il cielo notturno mugghiava.
Furtivi mungevamo il cosmo e siamo sopravvissuti.
Thomas Transtromer
martedì, marzo 19, 2002
lunedì, marzo 18, 2002
E' morto la scorsa settimana Hans Georg Gadamer, uno dei più importanti filosofi dello scorso secolo.
L'avevo visto diverse volte a Napoli, la città che tanto amava. Un uomo imponente, nonostante l'età, che ha lasciato veramente tanto.
Ecco come l'ha ricordato Il Mattino.
Alla fine Hans-Georg Gadamer, seduto sul letto della sua casa sulla collina verdeggiante di Heidelberg, si è rivolto ai filosofi Giuseppe Orsi e Jean Grondin e ha detto in un sussurro: «Vi dispiace se mi adagio?». Ha chiuso gli occhi e si è come assopito, secondo la testimonianza dei suoi due interlocutori. Poi, qualche giorno dopo, se n’è andato tranquillo, come chi si abbandoni a un eterno sonno del giusto.
Se mai può esserci una morte invidiabile, è quella toccata in sorte al grande filosofo del Novecento, spentosi nella sua città pochi giorni dopo il 102mo compleanno, mentre si era appena concluso il convegno in suo onore organizzato lì con la complicità di Gerardo Marotta. Il quale, non potendo averlo a Napoli, dove Gadamer era di casa, aveva pensato di portargli a domicilio la festa di compleanno.
Alla fine il filosofo, nato l’11 febbraio 1900 a Marburgo, è riuscito a vivere più a lungo del secolo che ha costantemente interpretato, con il filo teso di un pensiero complesso e coraggioso, interamente fondato sulla fiducia nel dialogo e sul recupero della tradizione umanistica. La sua biografia leggendaria, tutta intrecciata al Novecento e ai suoi snodi essenziali, è essa stessa una lezione esemplare: ne è una parte importante l’incontro con Heidegger, con cui Gadamer non condivise però l’adesione al nazismo, preferendo una sorta di lungo autoesilio intellettuale prima a Lipsia, poi a Francoforte, e uno studio solitario e paziente, tanto da pubblicare la sua prima opera importante solo a sessant’anni. Un altro passaggio fondamentale della sua vita è il rapporto con Napoli, propiziato da Marotta: Gadamer c’è stato ogni anno, per più di vent’anni, sempre all’hotel Vesuvio, sempre nella stessa stanza, la 833, dove, spostando la scrivania verso il balcone con vista su Castel dell’Ovo, preparava i suoi seminari indimenticabili e affollatissimi di giovani. All’inizio il suo italiano era incerto, inciampava nelle frasi lunghe. Durava poco, due o tre giorni: e subito il vecchio filosofo si divertiva a civettare con le espressioni in dialetto imparate negli anni. Era uno spettacolo. Vitalissimo, dritto come un fuso, parlava per ore di filosofia greca, cioé di quanto c’è di più inattuale. L’incredibile è che i ragazzi pendevano dalle sue labbra. Intanto, dicendo di Vico, dei giacobini, degli hegeliani, di Croce, Gadamer diventava come un napoletano tra i napoletani. Condannava la città senza cultura ed educazione, così somigliante allo «stato di porci» descritto da Platone, e attraverso le sue parole rendeva plausibile l’altra, quella ricca di memorie che potrebbe avere per oro la conoscenza. Lui, nel suo invidiabile ottimismo filosofico, non smetteva di immaginarla vittoriosa.
(Titti Marone)
Con la morte di Hans-Georg Gadamer è finito il Novecento filosofico; quella grande avventura del pensiero che potremo far iniziare con l'altra morte, quella di Friedrich Nietzsche il 25 agosto 1900. Nietzsche moriva, il suo Zarathustra cominciava la sua marcia trionfale nella cultura intellettuale e filosofica europea, Heidegger maturava il suo pensiero che nel giro di un paio di decenni lo avrebbe reso il degno erede di Nietzsche, e Gadamer nasceva. La sua opera sarà tardiva; il suo capolavoro, Verità e Metodo, è del 1960. Sembrava il bilancio intellettuale del solito professore tedesco che ormai vicino alla pensione si permetteva di esporre la summa delle sue esperienze e invece non era che il principio di un quarantennio intensissimo di riflessioni radicali, d'interrogazioni temerarie. Il suo discorso prende le mosse dall'intuizione heideggeriana del linguaggio: «Chi ha linguaggio ha il mondo», nel senso che l'esistenza dell'uomo è già sempre qualificata da una pre-comprensione del mondo incarnata nel linguaggio. Gadamer s'interroga sulla sua struttura, sull’apertura che il linguaggio svolge nel processo di umanizzazione. Memorabili sono i saggi che Gadamer dedica a grandi opere d'arte come Il Flauto Magico o al ciclo di pitture, ispirate a Kafka, di Willibald Kramm oppure ai vertici d'interpretazione poetica, tra cui gli intramontabili contributi alla comprensione della poesia di Paul Celan, riuniti nel volume Chi sono io, chi sei tu. Su Paul Celan. Non si tratta di eleganti interventi estemporanei: la poesia - soprattutto la lirica è inerente al percorso ermeneutico di Gadamer. Siamo così giunti a quel magma concettuale che designiamo come «ontologia ermeneutica» che indica il sistema filosofico.
Tutto, per il filosofo tedesco, assume una curvatura passibile d'interpretazione; l'esistente è interpretazione; l'uomo, un evento, un testo vivono nell'interpretazione: noi ci avvediamo dell'altro interpretandolo. L'oscurità è la difficoltà alla prassi ermeneutica. Essere nato, come Gadamer, l'11 febbraio 1900, all'inizio del secolo, ha rappresentato la sua fortuna filosofica nel senso che si è trovato a metà del Novecento ancora nel pieno delle sue forze e delle sue curiosità intellettuali con decenni di ritiro forzato (ossia di studio ininterrotto) nella Emigrazione Interna, ovvero in quella forma di distacco dalla politica attiva e dai drammatici, tragici e grotteschi eventi del nazionalsocialismo. La distruzione della patria ha coinciso con il disfacimento di ogni idolo; nell' «anno zero», nel 1945 - pur senza voler ripercorrere la ben nota biografia del maestro tedesco - il filosofo ha compreso che gli unici compatrioti che veramente gli rimanevano accanto erano loro, i grandi filosofi, i greci prima di tutti gli altri. È da allora che Gadamer ha scoperto un'ulteriore concezione della centralità filosofica: quella di chi pensa ora, nel presente, e partecipa a tutto il passato e si percepisce quale fermento e germe già in atto del futuro. Scriveva, infatti, in un indimenticabile saggio su L'idea del bene in Platone e Aristotile : «Filosofia è qualcosa che si fa incontro all'uomo in modo sempre uguale e che lo distingue come uomo; in filosofia non c'è progresso, ma soltanto partecipazione.» Erano parole coraggiose e inattuali che venivano continuamente ribadite nella produzione intellettuale di Gadamer, che in Italia cominciò a essere conosciuto attraverso la scuola torinese di Pareyson e di Mathieu quando loro e poi i loro allievi, da Verra a Vattimo, Givone e tanti altri, cominciarono a recarsi in pellegrinaggio culturale a Heidelberg. Ma il destino italiano di Gadamer non era Torino, bensì improvvisamente slittò verso il Sud, ovvero verso Napoli e verso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che dalla seconda metà degli anni Settanta ebbero in Gadamer un ospite fisso e poi un collaboratore insigne, che ne rappresentò l'alta missione di fucina filosofica nel mondo. Quando nell'aprile del 1978 Gadamer da Monte di Dio a Napoli, nella vecchia sede dell'Istituto a viale Calascione tenne il suo straordinario intervento su Hegel e la filosofia, la cultura italiana era ancora attanagliata dalla scolastica vetero-marxista e dai chierici del gramscismo di Stato, mentre la nostra società era dilaniata dal terrorismo e da diffuse turbolenze sociali. I più avverti tra gli intellettuali marxisti del PCI, tra cui Cacciari, Masini, Marramao, erano approdati a Benjamin, alla Scuola di Francoforte. Ma sarà Gadamer da Napoli - città in cui tornò per lavorare con i giovani ogni anno, formando schiere di intellettuali e di docenti - a far voltare pagina a una cultura inquieta, ma confusa.
Oggi in un mondo che è di nuovo incerto e sedotto dalla violenza resta viva la sua parola affidata a decine di volumi determinanti per la cultura del mondo. Il secolo che si apre dovrà discutere i vari contributi che ha ereditato. Gadamer rimane sulla soglia del Novecento come un gigante, come un veggente che ha saputo intuire il mistero dinamico e magico e creatore della parola, che si solleva in poesia. Nel futuro, Gadamer ci ha avvertito, ci attende un maestro. Platone. In questo paradosso si compie il destino dell'Occidente. Partiti dai presocratici e dalla Scuola d'Atene torniamo a essere quello che eravamo: questa strana, conturbante parola è risuonata nel secolo da Napoli e ancora ci riempie di stupore e segna il nostro pensiero, ora e sempre. Addio Gadamer, addio Novecento!
(Marino Freschi)
L'avevo visto diverse volte a Napoli, la città che tanto amava. Un uomo imponente, nonostante l'età, che ha lasciato veramente tanto.
Ecco come l'ha ricordato Il Mattino.
Alla fine Hans-Georg Gadamer, seduto sul letto della sua casa sulla collina verdeggiante di Heidelberg, si è rivolto ai filosofi Giuseppe Orsi e Jean Grondin e ha detto in un sussurro: «Vi dispiace se mi adagio?». Ha chiuso gli occhi e si è come assopito, secondo la testimonianza dei suoi due interlocutori. Poi, qualche giorno dopo, se n’è andato tranquillo, come chi si abbandoni a un eterno sonno del giusto.
Se mai può esserci una morte invidiabile, è quella toccata in sorte al grande filosofo del Novecento, spentosi nella sua città pochi giorni dopo il 102mo compleanno, mentre si era appena concluso il convegno in suo onore organizzato lì con la complicità di Gerardo Marotta. Il quale, non potendo averlo a Napoli, dove Gadamer era di casa, aveva pensato di portargli a domicilio la festa di compleanno.
Alla fine il filosofo, nato l’11 febbraio 1900 a Marburgo, è riuscito a vivere più a lungo del secolo che ha costantemente interpretato, con il filo teso di un pensiero complesso e coraggioso, interamente fondato sulla fiducia nel dialogo e sul recupero della tradizione umanistica. La sua biografia leggendaria, tutta intrecciata al Novecento e ai suoi snodi essenziali, è essa stessa una lezione esemplare: ne è una parte importante l’incontro con Heidegger, con cui Gadamer non condivise però l’adesione al nazismo, preferendo una sorta di lungo autoesilio intellettuale prima a Lipsia, poi a Francoforte, e uno studio solitario e paziente, tanto da pubblicare la sua prima opera importante solo a sessant’anni. Un altro passaggio fondamentale della sua vita è il rapporto con Napoli, propiziato da Marotta: Gadamer c’è stato ogni anno, per più di vent’anni, sempre all’hotel Vesuvio, sempre nella stessa stanza, la 833, dove, spostando la scrivania verso il balcone con vista su Castel dell’Ovo, preparava i suoi seminari indimenticabili e affollatissimi di giovani. All’inizio il suo italiano era incerto, inciampava nelle frasi lunghe. Durava poco, due o tre giorni: e subito il vecchio filosofo si divertiva a civettare con le espressioni in dialetto imparate negli anni. Era uno spettacolo. Vitalissimo, dritto come un fuso, parlava per ore di filosofia greca, cioé di quanto c’è di più inattuale. L’incredibile è che i ragazzi pendevano dalle sue labbra. Intanto, dicendo di Vico, dei giacobini, degli hegeliani, di Croce, Gadamer diventava come un napoletano tra i napoletani. Condannava la città senza cultura ed educazione, così somigliante allo «stato di porci» descritto da Platone, e attraverso le sue parole rendeva plausibile l’altra, quella ricca di memorie che potrebbe avere per oro la conoscenza. Lui, nel suo invidiabile ottimismo filosofico, non smetteva di immaginarla vittoriosa.
(Titti Marone)
Con la morte di Hans-Georg Gadamer è finito il Novecento filosofico; quella grande avventura del pensiero che potremo far iniziare con l'altra morte, quella di Friedrich Nietzsche il 25 agosto 1900. Nietzsche moriva, il suo Zarathustra cominciava la sua marcia trionfale nella cultura intellettuale e filosofica europea, Heidegger maturava il suo pensiero che nel giro di un paio di decenni lo avrebbe reso il degno erede di Nietzsche, e Gadamer nasceva. La sua opera sarà tardiva; il suo capolavoro, Verità e Metodo, è del 1960. Sembrava il bilancio intellettuale del solito professore tedesco che ormai vicino alla pensione si permetteva di esporre la summa delle sue esperienze e invece non era che il principio di un quarantennio intensissimo di riflessioni radicali, d'interrogazioni temerarie. Il suo discorso prende le mosse dall'intuizione heideggeriana del linguaggio: «Chi ha linguaggio ha il mondo», nel senso che l'esistenza dell'uomo è già sempre qualificata da una pre-comprensione del mondo incarnata nel linguaggio. Gadamer s'interroga sulla sua struttura, sull’apertura che il linguaggio svolge nel processo di umanizzazione. Memorabili sono i saggi che Gadamer dedica a grandi opere d'arte come Il Flauto Magico o al ciclo di pitture, ispirate a Kafka, di Willibald Kramm oppure ai vertici d'interpretazione poetica, tra cui gli intramontabili contributi alla comprensione della poesia di Paul Celan, riuniti nel volume Chi sono io, chi sei tu. Su Paul Celan. Non si tratta di eleganti interventi estemporanei: la poesia - soprattutto la lirica è inerente al percorso ermeneutico di Gadamer. Siamo così giunti a quel magma concettuale che designiamo come «ontologia ermeneutica» che indica il sistema filosofico.
Tutto, per il filosofo tedesco, assume una curvatura passibile d'interpretazione; l'esistente è interpretazione; l'uomo, un evento, un testo vivono nell'interpretazione: noi ci avvediamo dell'altro interpretandolo. L'oscurità è la difficoltà alla prassi ermeneutica. Essere nato, come Gadamer, l'11 febbraio 1900, all'inizio del secolo, ha rappresentato la sua fortuna filosofica nel senso che si è trovato a metà del Novecento ancora nel pieno delle sue forze e delle sue curiosità intellettuali con decenni di ritiro forzato (ossia di studio ininterrotto) nella Emigrazione Interna, ovvero in quella forma di distacco dalla politica attiva e dai drammatici, tragici e grotteschi eventi del nazionalsocialismo. La distruzione della patria ha coinciso con il disfacimento di ogni idolo; nell' «anno zero», nel 1945 - pur senza voler ripercorrere la ben nota biografia del maestro tedesco - il filosofo ha compreso che gli unici compatrioti che veramente gli rimanevano accanto erano loro, i grandi filosofi, i greci prima di tutti gli altri. È da allora che Gadamer ha scoperto un'ulteriore concezione della centralità filosofica: quella di chi pensa ora, nel presente, e partecipa a tutto il passato e si percepisce quale fermento e germe già in atto del futuro. Scriveva, infatti, in un indimenticabile saggio su L'idea del bene in Platone e Aristotile : «Filosofia è qualcosa che si fa incontro all'uomo in modo sempre uguale e che lo distingue come uomo; in filosofia non c'è progresso, ma soltanto partecipazione.» Erano parole coraggiose e inattuali che venivano continuamente ribadite nella produzione intellettuale di Gadamer, che in Italia cominciò a essere conosciuto attraverso la scuola torinese di Pareyson e di Mathieu quando loro e poi i loro allievi, da Verra a Vattimo, Givone e tanti altri, cominciarono a recarsi in pellegrinaggio culturale a Heidelberg. Ma il destino italiano di Gadamer non era Torino, bensì improvvisamente slittò verso il Sud, ovvero verso Napoli e verso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che dalla seconda metà degli anni Settanta ebbero in Gadamer un ospite fisso e poi un collaboratore insigne, che ne rappresentò l'alta missione di fucina filosofica nel mondo. Quando nell'aprile del 1978 Gadamer da Monte di Dio a Napoli, nella vecchia sede dell'Istituto a viale Calascione tenne il suo straordinario intervento su Hegel e la filosofia, la cultura italiana era ancora attanagliata dalla scolastica vetero-marxista e dai chierici del gramscismo di Stato, mentre la nostra società era dilaniata dal terrorismo e da diffuse turbolenze sociali. I più avverti tra gli intellettuali marxisti del PCI, tra cui Cacciari, Masini, Marramao, erano approdati a Benjamin, alla Scuola di Francoforte. Ma sarà Gadamer da Napoli - città in cui tornò per lavorare con i giovani ogni anno, formando schiere di intellettuali e di docenti - a far voltare pagina a una cultura inquieta, ma confusa.
Oggi in un mondo che è di nuovo incerto e sedotto dalla violenza resta viva la sua parola affidata a decine di volumi determinanti per la cultura del mondo. Il secolo che si apre dovrà discutere i vari contributi che ha ereditato. Gadamer rimane sulla soglia del Novecento come un gigante, come un veggente che ha saputo intuire il mistero dinamico e magico e creatore della parola, che si solleva in poesia. Nel futuro, Gadamer ci ha avvertito, ci attende un maestro. Platone. In questo paradosso si compie il destino dell'Occidente. Partiti dai presocratici e dalla Scuola d'Atene torniamo a essere quello che eravamo: questa strana, conturbante parola è risuonata nel secolo da Napoli e ancora ci riempie di stupore e segna il nostro pensiero, ora e sempre. Addio Gadamer, addio Novecento!
(Marino Freschi)
Strano, per uscire da Windows bisogna andare sul pulsante Avvio!
La vita è piena di contraddizioni ....
Mi ricorda tanto la frase" la morte è solo il passaggio ad un'altra vita", eh sì, spegnere Windows è solo il passaggio ad un'altra vita, più vera.
E allora avviamoci (anche perchè è ora di cena e Olivia mi aspetta).
La vita è piena di contraddizioni ....
Mi ricorda tanto la frase" la morte è solo il passaggio ad un'altra vita", eh sì, spegnere Windows è solo il passaggio ad un'altra vita, più vera.
E allora avviamoci (anche perchè è ora di cena e Olivia mi aspetta).
domenica, marzo 17, 2002
Ho appena visto Il mio nome è Sam, un film commovente estremamente commovente.
Merita, merita.
Che magnifica scelta
Merita, merita.
Che magnifica scelta
venerdì, marzo 15, 2002
A San Valentino
Non una rosa rossa o un cuore di raso.
Ti dò una cipolla.
E' una luna avvolta in ruvida carta scura.
Promette luce
come il lento spogliarsi dell'amore.
Eccola.
Ti accecherà di lacrime
come un amante.
Renderà il tuo riflesso
un traballante ritratto di dolore.
Sto cercando si essere onesta.
Non un biglietto lezioso o baci per interposta persona.
Ti dò una cipolla.
Il suo bacio pungente ti resterà sulle labbra,
possessivo e fedele
come noi,
finchè lo saremo noi.
Prendila.
I suoi cerchi di platino si riducono a un anello nuziale,
se vuoi.
Letale.
Il suo odore si appiccicherà alle tue dita,
al tuo coltello.
Carol Ann Duffy (traduzione di Giorgia Sensi)
Non una rosa rossa o un cuore di raso.
Ti dò una cipolla.
E' una luna avvolta in ruvida carta scura.
Promette luce
come il lento spogliarsi dell'amore.
Eccola.
Ti accecherà di lacrime
come un amante.
Renderà il tuo riflesso
un traballante ritratto di dolore.
Sto cercando si essere onesta.
Non un biglietto lezioso o baci per interposta persona.
Ti dò una cipolla.
Il suo bacio pungente ti resterà sulle labbra,
possessivo e fedele
come noi,
finchè lo saremo noi.
Prendila.
I suoi cerchi di platino si riducono a un anello nuziale,
se vuoi.
Letale.
Il suo odore si appiccicherà alle tue dita,
al tuo coltello.
Carol Ann Duffy (traduzione di Giorgia Sensi)
giovedì, marzo 14, 2002
Un ladro penetra di notte in una casa. Alla luce della lampadina
tascabile inizia a frugare nei cassetti. Ha appena trovato lo scrigno dei
gioielli quando una voce dal nulla esclama:
"Gesu ti guarda!"
Il ladro sobbalza, spegne la pila e resta in ascolto. Nessun rumore.
Allora si convince di aver avuto un'allucinazione, scuote il capo e
ricomincia a frugare.
Si avvicina allo stereo e di nuovo la voce di prima esclama "Gesu ti
guarda!". Allora il ladro deciso a scoprire da dove viene la voce gira
intorno la pila tascabile fino a scoprire una gabbia in un angolo con dentro
un pappagallo.
Il ladro si avvicina al pappagallo e gli chiede:
"Sei stato tu a parlare?"
"Si" risponde il pappagallo. "L'ho fatto per avvertirti!"
"Come ti chiami?" fa il ladro
"Mose!" risponde il pappagallo
"Mose? Che nome! Che razza di gente puo chimare un pappagallo Mose?"
"Probabilmente la stessa gente che puo chiamare Gesu un rottweiler..."
tascabile inizia a frugare nei cassetti. Ha appena trovato lo scrigno dei
gioielli quando una voce dal nulla esclama:
"Gesu ti guarda!"
Il ladro sobbalza, spegne la pila e resta in ascolto. Nessun rumore.
Allora si convince di aver avuto un'allucinazione, scuote il capo e
ricomincia a frugare.
Si avvicina allo stereo e di nuovo la voce di prima esclama "Gesu ti
guarda!". Allora il ladro deciso a scoprire da dove viene la voce gira
intorno la pila tascabile fino a scoprire una gabbia in un angolo con dentro
un pappagallo.
Il ladro si avvicina al pappagallo e gli chiede:
"Sei stato tu a parlare?"
"Si" risponde il pappagallo. "L'ho fatto per avvertirti!"
"Come ti chiami?" fa il ladro
"Mose!" risponde il pappagallo
"Mose? Che nome! Che razza di gente puo chimare un pappagallo Mose?"
"Probabilmente la stessa gente che puo chiamare Gesu un rottweiler..."
martedì, marzo 12, 2002
Sarà stata la stanchezza o forse perchè a me la narrativa non attira molto, ma ieri ho ascoltato per un'ora e mezza Gianni Celati che leggeva un suo racconto e mi sono annoiato.
Devo vergognarmi? Forse un po'.
Pensavo: ma quanti mesi ci vogliono per scrivere un racconto così lungo e così ben strutturato?
La prossima settimana Marescotti legge Swift. Yahooooo
Devo vergognarmi? Forse un po'.
Pensavo: ma quanti mesi ci vogliono per scrivere un racconto così lungo e così ben strutturato?
La prossima settimana Marescotti legge Swift. Yahooooo
E così ieri anche la CEI per bocca del Cardinale Ruini ha criticato il ddl Bossi-Fini.
Tanto per avere idea dell'asservimento della stampa al potere, mentre oggi La Repubblica dedica a questa notizia il titolo principale in prima pagina, Il Giornale (della famiglia Berlusconi) non ne parla assolutamente.
Evidentemente la verità, quando dà fastidio, va nascosta.
Tanto per avere idea dell'asservimento della stampa al potere, mentre oggi La Repubblica dedica a questa notizia il titolo principale in prima pagina, Il Giornale (della famiglia Berlusconi) non ne parla assolutamente.
Evidentemente la verità, quando dà fastidio, va nascosta.
sabato, marzo 09, 2002
venerdì, marzo 08, 2002
"Se la violenza è legittimata come un diritto dell’uomo, ciascuno potrà prendere a pretesto questo diritto per ricorrervi ogni volta che lo stimerà imposto dalla difesa dei suoi interessi. In realtà l’ideologia della violenza permette a ciascuno di giustificare la propria violenza. La storia si trova allora risucchiata in una spirale di violenze senza fine. Si crea una reazione a catena di violenze degli uni e degli altri, tutte legittimate.
La violenza diventa fatalità. La nonviolenza intende spezzare questa fatalità."
(Jean Marie Muller , Le principe de non-violence. Parcours philosophique, Paris 1995, in “Il foglio” 289, Torino, febbraio 2002)
mercoledì, marzo 06, 2002
Oggi ho scritto una (piccola) parte del rapporto sugli anziani in Italia. C'è sempre da imparare qualcosa.
Ecco un assaggio:
"Donne e uomini non invecchiano allo stesso modo. Ogni 100 uomini di 65 anni ci sono 144 donne, squilibrio che cresce con l’età, la mortalità maschile è più alta. La donna ha più alta probabilità di vita ma, mediamente, peggiori condizioni di salute. Il 48,5 % delle donne con 65 anni e oltre è vedova rispetto al 13,4 % degli uomini e perciò molte anziane vivono sole. Le donne anziane vivono più frequentemente degli uomini come membri aggregati nelle famiglie dei figli, il 5,7% contro l’1,5%."
Ma pensa ...
Ecco un assaggio:
"Donne e uomini non invecchiano allo stesso modo. Ogni 100 uomini di 65 anni ci sono 144 donne, squilibrio che cresce con l’età, la mortalità maschile è più alta. La donna ha più alta probabilità di vita ma, mediamente, peggiori condizioni di salute. Il 48,5 % delle donne con 65 anni e oltre è vedova rispetto al 13,4 % degli uomini e perciò molte anziane vivono sole. Le donne anziane vivono più frequentemente degli uomini come membri aggregati nelle famiglie dei figli, il 5,7% contro l’1,5%."
Ma pensa ...
lunedì, marzo 04, 2002
domenica, marzo 03, 2002
noi saremo mai saremo vivi?
blowin'in the wind diceva bob
mi piace respirare quel vento
mi manda fuori fuori dal tempo
e leggo i libri che voglio e
a scuola: professore no io no!
c'è una novità
c'è una novità
che sto bene al mondo
c'è una novità
c'è una novità
che sono contento
mai come con te mi sento vivo
mother nature's son com'era paul
e fra le piante mosse dal vento
con seneca ritrovo il mio tempo
vedo le cose da fuori
e dentro non ci tornerò mai più no
blowin'in the wind diceva bob
mi piace respirare quel vento
mi manda fuori fuori dal tempo
e leggo i libri che voglio e
a scuola: professore no io no!
c'è una novità
c'è una novità
che sto bene al mondo
c'è una novità
c'è una novità
che sono contento
mai come con te mi sento vivo
mother nature's son com'era paul
e fra le piante mosse dal vento
con seneca ritrovo il mio tempo
vedo le cose da fuori
e dentro non ci tornerò mai più no
sabato, marzo 02, 2002
Oh let's bomb the factory
That makes all the wannabes
Let's burst all the bubbles
That brainwash the masses
As far as I can tell
It doesn't matter who you are
If you can believe there's something worth fighting for
The colour of an eye
The glory of a sudden view
The baby in your arms
The smile he always shoots at you
Believing in nothing
Makes life so boring
So let's pray for something
To feel good in the morning
Oh doctor
We're dying
There's no use in crying
So live for tomorrow
And do what you have to do.
(Parade, Garbage)
That makes all the wannabes
Let's burst all the bubbles
That brainwash the masses
As far as I can tell
It doesn't matter who you are
If you can believe there's something worth fighting for
The colour of an eye
The glory of a sudden view
The baby in your arms
The smile he always shoots at you
Believing in nothing
Makes life so boring
So let's pray for something
To feel good in the morning
Oh doctor
We're dying
There's no use in crying
So live for tomorrow
And do what you have to do.
(Parade, Garbage)
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