E' ufficiale, festeggerò il mio trentesimo compleanno la sera del 21 febbraio al Bar dello Student Centre, qui in campus.
Siete tutti invitati.
Se poi volete farmi anche un bel regalo ecco la mia wishlist.
venerdì, gennaio 31, 2003
Comunque vada
Comunque vada darò un sorriso al niente
o ruberò al vento un'acqua di silenzio
amerò le mani tese sui capelli i pugni in testa
il buio ingiusto della mia malinconia
Malgrado tanto io sciolgo ancora idee
come lacci di scarpe inutile follia
non aver badato al mio starnuto al chiasso
dei suoi panni stesi e l'alba rigida nei corridoi
Futilità sospesa scontami il perdono
ho una dignità di schiuma pronta a soffocare
è solo un mio trambusto personale
una pausa insolita ed incerta come l'idiozia
Scappa via scappa via cosa mai sarà
scappa via scappa via non tornerà
Ma resto chiuso e un'amica si frantuma
in un istante un grido svaniscono parole quasi mute
immagini sfinite e il sogno delle sue bugie
marcite intorno alla mia stanza
Curiosità lontana torna fra i pensieri
come giovani farfalle provano le ali
sconnetto me da tutto e tutti si sconnettono
e mi merito un applauso dipinto d'incoscienza
Scappa via scappa via cosa mai sarà
scappa via scappa via non tornerà
Comunque vada darò un sorriso al niente
o ruberò al vento un'acqua di silenzio
amerò le mani tese sui capelli i pugni in testa
il buio ingiusto della mia malinconia
Malgrado tanto io sciolgo ancora idee
come lacci di scarpe inutile follia
non aver badato al mio starnuto al chiasso
dei suoi panni stesi e l'alba rigida nei corridoi
Futilità sospesa scontami il perdono
ho una dignità di schiuma pronta a soffocare
è solo un mio trambusto personale
una pausa insolita ed incerta come l'idiozia
Scappa via scappa via cosa mai sarà
scappa via scappa via non tornerà
Ma resto chiuso e un'amica si frantuma
in un istante un grido svaniscono parole quasi mute
immagini sfinite e il sogno delle sue bugie
marcite intorno alla mia stanza
Curiosità lontana torna fra i pensieri
come giovani farfalle provano le ali
sconnetto me da tutto e tutti si sconnettono
e mi merito un applauso dipinto d'incoscienza
Scappa via scappa via cosa mai sarà
scappa via scappa via non tornerà
Ci son di quelli che non dicon nulla ma lo dicono bene - ce n'è altri che dicon molto ma lo dicon male. I peggio son quelli che non dicon nulla e lo dicon male.
Mordace come spesso gli accadeva di essere, così Giovanni Papini (1881-1956) bollava la comunicazione del suo tempo in un articolo apparso sul "Corriere della sera" e poi raccolto nel volume Schegge. La sua classificazione è sacrosanta. Tutti hanno avuto, infatti, la ventura di ascoltare emeriti ciarlatani pontificare in modo così suadente da attirare folle di «mosche bipedi come verso il miele» per usare un'altra locuzione di Papini. Similmente tutti hanno talvolta assistito alla conferenza di un grande specialista o di un vero esperto, piombando quasi a terra, stremati da una noia mortale.
Ma non è finita: c'è anche chi non sa e non dice nulla e lo dice anche male e qui la tentazione forte è quella di evocare certi politici (ma non solo: azzarderei anche l'idea di riferirmi a qualche predicatore…). Dire bene cose sostanziose è, comunque, un'impresa tutt'altro che facile ed è frutto di un impegno severo e non solo di un dono di natura. Ma io, rimanendo sempre nel seminato, vorrei far riflettere su un'altra verità che tocca tutti, anche quelli che non parlano davanti alle platee. È ciò che in modo folgorante esprime un detto rabbinico: «Il sapiente sa quel che dice; lo stolto dice quel che sa». Anche il Salmista confessa: «Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua, porrò un freno alla mia bocca» (39, 2). Impariamo, allora, tutti questo autocontrollo.
Gianfranco Ravasi
Avvenire, 24 gennaio 2003
Mordace come spesso gli accadeva di essere, così Giovanni Papini (1881-1956) bollava la comunicazione del suo tempo in un articolo apparso sul "Corriere della sera" e poi raccolto nel volume Schegge. La sua classificazione è sacrosanta. Tutti hanno avuto, infatti, la ventura di ascoltare emeriti ciarlatani pontificare in modo così suadente da attirare folle di «mosche bipedi come verso il miele» per usare un'altra locuzione di Papini. Similmente tutti hanno talvolta assistito alla conferenza di un grande specialista o di un vero esperto, piombando quasi a terra, stremati da una noia mortale.
Ma non è finita: c'è anche chi non sa e non dice nulla e lo dice anche male e qui la tentazione forte è quella di evocare certi politici (ma non solo: azzarderei anche l'idea di riferirmi a qualche predicatore…). Dire bene cose sostanziose è, comunque, un'impresa tutt'altro che facile ed è frutto di un impegno severo e non solo di un dono di natura. Ma io, rimanendo sempre nel seminato, vorrei far riflettere su un'altra verità che tocca tutti, anche quelli che non parlano davanti alle platee. È ciò che in modo folgorante esprime un detto rabbinico: «Il sapiente sa quel che dice; lo stolto dice quel che sa». Anche il Salmista confessa: «Veglierò sulla mia condotta per non peccare con la mia lingua, porrò un freno alla mia bocca» (39, 2). Impariamo, allora, tutti questo autocontrollo.
Gianfranco Ravasi
Avvenire, 24 gennaio 2003
martedì, gennaio 28, 2003
Compromise, not a dirty word! Compromise.
In questi giorni ascolto la versione di Sunday Bloody Sunday che gli U2 hanno cantato allo Slane Castle a Dublino nel 2001.
La più bella in assoluto, struggente, intensa, veramente sofferta perchè cantata in patria, in una patria ancora divisa da una guerra civile.
A metà della canzone Bono ricorda: 3 years after Omagh! e invita tutti a strasformare la canzone in una preghiera.
Put your hand in the sky, put your hand in the air
And if you're a prayer kind, turn the song into a prayer
Put your hand in the sky, put your hand in the air
If you're a prayer kind, 'cause we're not going back there
No more, no more.
No more, no more.
13 giorni dopo The Good Friday Agreement, il 15 agosto 1998, l'IRA fece scoppiare una macchina nel centro della cittadina di Omagh.
Morirono 29 civili, cattolici, protestanti e mormoni, bambini e adulti, irlandesi e stranieri, dell'Ulster e della Repubblica d'Irlanda.
Bono alla fine li nomina tutti, singolarmente; 29 people, too many.
Bono ricorda: Compromise, not a dirty word! Compromise.
E' vero, la pace spesso è il frutto di compromessi ma se ognuno non rinuncia a qualcosa difficilmente si raggiunge un accordo ed il conflitto diventa infinito.
We had enough, we had enough.
We had enough, we had enough.
Dovremmo gridarlo tutti: ne abbiamo abbastanza delle guerre.
Qualche mese fa in Irlanda c'è stata sui media una campagna promossa dalle principali chiese cristiane chiamata Power to Change.
Venivano presentate delle testimonianze significative da parte di uomini di fede, piu' o meno famosi.
All'interno di questa campagna nella mia universita' ci sono stati tre incontri pubblici.
Quello che ho ascoltato io era con Packy Hamilton un ex terrorista lealista, che si e' convertito in carcere.
Con un forte accento nordirlandese ci ha raccontato come preparava gli attentati, gli 11 anni di carcere, l'incontro con il Vangelo e di come adesso si impegni a costruire la pace, anche con ex-terroristi dell'IRA, ora fratelli in Cristo.
Quello che viene solitamente presentato come uno scontro tra cattolici e protestanti in realta' non ha fondamenti teologici, dottrinali, anzi una guerra tra cristiani sarebbe di per se' una contraddizione.
In realta' sono proprio le chiese cristiane, nelle loro componenti piu' attive, ad adoperarsi per la pace, come ci ha raccontato Packy Hamilton.
Compromise, not a dirty word! Compromise.
In questi giorni ascolto la versione di Sunday Bloody Sunday che gli U2 hanno cantato allo Slane Castle a Dublino nel 2001.
La più bella in assoluto, struggente, intensa, veramente sofferta perchè cantata in patria, in una patria ancora divisa da una guerra civile.
A metà della canzone Bono ricorda: 3 years after Omagh! e invita tutti a strasformare la canzone in una preghiera.
Put your hand in the sky, put your hand in the air
And if you're a prayer kind, turn the song into a prayer
Put your hand in the sky, put your hand in the air
If you're a prayer kind, 'cause we're not going back there
No more, no more.
No more, no more.
13 giorni dopo The Good Friday Agreement, il 15 agosto 1998, l'IRA fece scoppiare una macchina nel centro della cittadina di Omagh.
Morirono 29 civili, cattolici, protestanti e mormoni, bambini e adulti, irlandesi e stranieri, dell'Ulster e della Repubblica d'Irlanda.
Bono alla fine li nomina tutti, singolarmente; 29 people, too many.
Bono ricorda: Compromise, not a dirty word! Compromise.
E' vero, la pace spesso è il frutto di compromessi ma se ognuno non rinuncia a qualcosa difficilmente si raggiunge un accordo ed il conflitto diventa infinito.
We had enough, we had enough.
We had enough, we had enough.
Dovremmo gridarlo tutti: ne abbiamo abbastanza delle guerre.
Qualche mese fa in Irlanda c'è stata sui media una campagna promossa dalle principali chiese cristiane chiamata Power to Change.
Venivano presentate delle testimonianze significative da parte di uomini di fede, piu' o meno famosi.
All'interno di questa campagna nella mia universita' ci sono stati tre incontri pubblici.
Quello che ho ascoltato io era con Packy Hamilton un ex terrorista lealista, che si e' convertito in carcere.
Con un forte accento nordirlandese ci ha raccontato come preparava gli attentati, gli 11 anni di carcere, l'incontro con il Vangelo e di come adesso si impegni a costruire la pace, anche con ex-terroristi dell'IRA, ora fratelli in Cristo.
Quello che viene solitamente presentato come uno scontro tra cattolici e protestanti in realta' non ha fondamenti teologici, dottrinali, anzi una guerra tra cristiani sarebbe di per se' una contraddizione.
In realta' sono proprio le chiese cristiane, nelle loro componenti piu' attive, ad adoperarsi per la pace, come ci ha raccontato Packy Hamilton.
Compromise, not a dirty word! Compromise.
lunedì, gennaio 27, 2003
Per due giorni il server dell'università è partito, fuso.
Ora sembra tutto tornato alla normalità ma a quanto pare l'ultimo potentissimo virus ha colpito anche qui.
Ieri è stata una giornata stranamente calda e dove sono andato? Al mare!! Incredibile, mentre in Italia dalle mie parti succedeva di tutto: diluvi, straripamenti, frane.
Sono stato a Killiney, a sud di Dublino.
Dicono che ricordi la baia di Napoli pertanto tutte le località intorno hanno dei nomi italiani: Vico, Sorrento Terrace, Monte Alverno, San Elmo, Capri.
A me la spiaggia sembrava così diversa: la sabbia un po' ricordava quella della costa tirrenica ma le pietre avevano un colore insolito, molte erano blu, estremamente levigate.
Ma quello che qui è completamente diverso è il sole, specialmente in questa stagione non è mai alto nel cielo. Te lo trovi sempre negli occhi, a tutte le ore.
L'ha notato subito mia madre quando è venuta a trovarmi, l'arco del tragitto giornaliero del sole è molto schiacciato per cui non splende mai veramente e si muove con più lentezza.
La giornata era calda, dicevo, ma nessuno ha azzardato un bagno.
Ora sembra tutto tornato alla normalità ma a quanto pare l'ultimo potentissimo virus ha colpito anche qui.
Ieri è stata una giornata stranamente calda e dove sono andato? Al mare!! Incredibile, mentre in Italia dalle mie parti succedeva di tutto: diluvi, straripamenti, frane.
Sono stato a Killiney, a sud di Dublino.
Dicono che ricordi la baia di Napoli pertanto tutte le località intorno hanno dei nomi italiani: Vico, Sorrento Terrace, Monte Alverno, San Elmo, Capri.
A me la spiaggia sembrava così diversa: la sabbia un po' ricordava quella della costa tirrenica ma le pietre avevano un colore insolito, molte erano blu, estremamente levigate.
Ma quello che qui è completamente diverso è il sole, specialmente in questa stagione non è mai alto nel cielo. Te lo trovi sempre negli occhi, a tutte le ore.
L'ha notato subito mia madre quando è venuta a trovarmi, l'arco del tragitto giornaliero del sole è molto schiacciato per cui non splende mai veramente e si muove con più lentezza.
La giornata era calda, dicevo, ma nessuno ha azzardato un bagno.
sabato, gennaio 25, 2003
Ieri Cornelia parlava di donne e filosofia.
Elisabeth Anscombe è sicuramente la più importante filosofa inglese del Novecento.
Allieva di Wittgenstein e sua esecutrice testamentaria, da giovane si convertì al cattolicesimo. E proprio seguendo le lezioni di catechismo ad Oxford conobbe Peter Geach, anch'egli apprezzato filosofo e convertito.
Questa insolita coppia di filosofi ebbe sette figli!
La Anscombe infatti è sempre stata contraria alla contraccezione, così come fu pubblicamente contraria alla partecipazione inglese alla seconda guerra mondiale.
Ha insegnato prima ad Oxford e poi a Cambridge.
Quando era ad Oxford si oppose al conferimento della laurea honoris causa ad Harry Truman, il presidente degli Stati Uniti, perchè aveva usato l'atomica in Giappone.
Teresa, la mia supervisor, ha lavorato a lungo sotto la sua guida fino a diventarne intima amica ed io cerco sempre di farmi raccontare qualche episodio della vita privata di questo straordinario personaggio. (Alcuni aneddoti sono memorabili, tipo quando andò in udienza dal Papa in pantaloni e fumando il sigaro.)
Ieri però sono rimasto interdetto.
Parlavamo appunto della Anscombe e le chiedo: 'ma com'era, che tipo era?'
E lei mi risponde: 'era come te! Tu mi ricordi lei!'
Sentirmi paragonato ad una donna, di una certa età visto che lei l'ha conosciuta adulta, e peraltro famosa mi ha sconvolto come poche volte nella vita.
'In che senso ti ricordo lei?'
'Sì perchè ogni volta che entri nella mia camera vai subito alla libreria e cominci a guardare e toccare tutti i libri. Era una persona molto curiosa, specialmente per quanto riguardava i libri."
'Allora ci assomigliamo, almeno in questo'.
Elisabeth Anscombe è sicuramente la più importante filosofa inglese del Novecento.
Allieva di Wittgenstein e sua esecutrice testamentaria, da giovane si convertì al cattolicesimo. E proprio seguendo le lezioni di catechismo ad Oxford conobbe Peter Geach, anch'egli apprezzato filosofo e convertito.
Questa insolita coppia di filosofi ebbe sette figli!
La Anscombe infatti è sempre stata contraria alla contraccezione, così come fu pubblicamente contraria alla partecipazione inglese alla seconda guerra mondiale.
Ha insegnato prima ad Oxford e poi a Cambridge.
Quando era ad Oxford si oppose al conferimento della laurea honoris causa ad Harry Truman, il presidente degli Stati Uniti, perchè aveva usato l'atomica in Giappone.
Teresa, la mia supervisor, ha lavorato a lungo sotto la sua guida fino a diventarne intima amica ed io cerco sempre di farmi raccontare qualche episodio della vita privata di questo straordinario personaggio. (Alcuni aneddoti sono memorabili, tipo quando andò in udienza dal Papa in pantaloni e fumando il sigaro.)
Ieri però sono rimasto interdetto.
Parlavamo appunto della Anscombe e le chiedo: 'ma com'era, che tipo era?'
E lei mi risponde: 'era come te! Tu mi ricordi lei!'
Sentirmi paragonato ad una donna, di una certa età visto che lei l'ha conosciuta adulta, e peraltro famosa mi ha sconvolto come poche volte nella vita.
'In che senso ti ricordo lei?'
'Sì perchè ogni volta che entri nella mia camera vai subito alla libreria e cominci a guardare e toccare tutti i libri. Era una persona molto curiosa, specialmente per quanto riguardava i libri."
'Allora ci assomigliamo, almeno in questo'.
Oggi ho fatto una scoperta importante per la mia ricerca, almeno spero.
La professoressa si chiede spesso dove siano finiti tutti i documenti di Newman a Dublino, perchè in biblioteca c'è ben poco.
Ho scoperto che sono in una sezione degli archivi dell'università, qui nel campus.
Gli studiosi più importanti non menzionano questi archivi per cui presumo che contengano del materiale inedito.
Naturalmente devo ancora verificarne il contenuto.
Nella classe per principianti del corso di irlandese non c'era più posto e mi hanno iscritto a quello che inizierà a marzo.
La professoressa si chiede spesso dove siano finiti tutti i documenti di Newman a Dublino, perchè in biblioteca c'è ben poco.
Ho scoperto che sono in una sezione degli archivi dell'università, qui nel campus.
Gli studiosi più importanti non menzionano questi archivi per cui presumo che contengano del materiale inedito.
Naturalmente devo ancora verificarne il contenuto.
Nella classe per principianti del corso di irlandese non c'era più posto e mi hanno iscritto a quello che inizierà a marzo.
venerdì, gennaio 24, 2003
Undici, ventotto e (soprattutto) novanta.
Undici. "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale
scopo."
Ventotto. "I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali,
civili e amministrative, dagli atti compiuti in violazione di diritti.
In tali casi la responsabilita' civile si estende allo Stato e agli enti pubblici."
Novanta. "Il Presidente della Repubblica non e' responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto
tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi e' messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri."
* * *
Sono tre articoli della Costituzione italiana: una legge, buona o sbagliata, ancora formalmente in vigore e dunque produttrice - almeno
quanto i regolamenti della Regione Lombardia - di effetti giuridici.
Chi viola la legge commette reato ed e' dunque punito con le pene previste dalla legge. I reati commessi dai presidenti della Repubblica
sono previsti con precisione: si chiamano attentato alla Costituzione.
Cioe' fare o permettere qualcosa che la Costituzione proibisce. Se guerra ci sara' - e sara' una guerra con morti, non un gioco - dopo la
guerra il governo nuovo per prima cosa dovra' chiamare chi l'ha permessa a rispondere delle sue responsabilita' penali, ai termini
della legge (in questo caso la Costituzione) che e' molto chiara. Non deve finire con un balletto politico: e questo si deve sapere gia' ora.
* * *
Ora, la Costituzione italiana non e' che vieti la guerra. Non la proibisce. Non dice che e' sbagliato farla. Non dice che bisogna
pensarci due volte. No: usa una parola selvaggia: la "ripudia". A fare una guerra, ordina formalmente la Costituzione, non ci dovete pensare
nemmeno. Non vi deve passare neanche per l'anticamera del cervello. Dovete provare schifo rabbia e disgusto alla sola idea di una guerra:
ripudiare significa esattamente questo. E la Costituzione e' tirannica: vuol essere ubbidita.
"Ripudia". Il povero contadino siciliano, all'epoca dei Savoia, fu preso dallo stato e mandato a conquistare la Libia. "Vai Brasi! Ammazza
quei mussulmani beduini!". Era l'alba del secolo: l'Europa viveva in pace, fra Belle Epoque e riforme. Ma degli stronzi maledetti, per
sentirsi un po' meno straccioni, scatenarono la prima guerra del secolo. Quegli stronzi eravamo noi italiani.
La guerra italo-libica, nel 1912 (l'Italia non guadagno' mai un cazzo dalla Libia: butto' milioni e miliardi, mentre a Caltanissetta l'acqua
arrivava una volta al mese) scateno' una dopo l'altra le quattro guerre balcaniche (croati e serbi hanno cominciato a scannarsi giusto li'). E
alla fine delle guerre balcaniche, e in diretta conseguenza di esse, arriva l'attentato di Sarajevo e la Grande Guerra.
Noi non abbiamo idea neanche lontanamente di che apocalisse sia stata quella guerra. Mio nonno ce la faceva appena a raccontare. La prima
guerra grossa dai tempi di Napoleone, la prima in cui tutti dovevano stare in trincea senza eccezioni: e questo in un mondo pacifico fino a
un istante prima. Immaginate una guerra a morte fra America ed Europa, una Croazia in tutt'Europa che duri cinque anni. L'Italia, fra tutti i
paesi europei, era l'unico che poteva evitare la guerra. Ma gli intellettuali italiani, gli Sgarbi e i Ferrara di allora, insorsero:
"La guerra e' bella! Viva il sangue rigeneratore! Viva la morte!". E vai, Brasi! Il re - il Parlamento non voleva - mando' la cartolina e il
contadino siciliano parti' un'altra volta. E sono due.
Dalla guerra i giovani - che erano partiti cristiani - tornarono inferociti. Ci fu il fascismo. L'impero! Non si poteva assolutamente
stare senza un impero (a Caltanissetta l'acqua continuava ad arrivare una volta al mese). Guerra fra selvaggi e civili, fra italiani e
abissini. I civili si difesero a colpi di lancia, i selvaggi buttarono gas velenosi sui villaggi. I selvaggi eravamo noi, gli italiani. Fra di
loro, per ordine del podesta' del paese, in prima fila marciava il contadino siciliano. "Vedrai, Brasi! Alla fine ti daremo la terra!". E
tre.
Poi i contadini votarono (ma lontano, in Ispagna: da noi era vietato) e cambiarono il governo. Chiedevano, pensa un po', di coltivare le terre.
E i padroni fremevano, perche' la legge e il governo non erano piu' loro. Allora, non sapendo che fare, chiamarono dei banditi: "Vi
pagheremo bene! Ma aiutateci ad ammazzare quei contadini". E i banditi arrivarono, e ci fu un massacro: un milione di morti, per lo piu'
fucilati. Chi erano quei banditi? Noi italiani. La Spagna fu la nostra quarta guerra (nessun altro, in Europa, ne aveva ancora fatte cosi'
tante). E Brasi, a due euri al giorno, sparava "volontario" contro gli altri contadini. E quattro.
Poi la Francia, la Grecia, l'Albania... Il conto delle guerre si perde.
Ha mandolini e chitarre, l'italiano, e poesie e statue antiche e chiese e cose belle dappertutto. Eppure questo popolo cosi' gentile fu quello
che fece piu' guerre. I suoi re, i suoi duci, i suoi generali, i suoi preti! "Vai Brasi!". E Brasi partiva ad ammazzare dappertutto: i greci
che difendevano le loro montagne, i francesi che gia' erano a terra e noi li accoltellavamo, gli inglesi ("Reclamo l'onore di bombardare
Londra!") che ci avevano aiutato a fare l'Italia e tutti gli altri.
Alla fine, poiche' l'odore del sangue fa sentire leoni pure gli sciacalli, eravamo in guerra con tutti quanti: i russi, gli americani,
i cinesi, i canadesi, i polacchi, persino il Brasile. Gli unici amici che avevamo erano i tedeschi feroci e neri, loro i padroni e noi i
servi.
Brasi, quando finalmente torno' al paese, non aveva piu' fucile. E mai piu' voleva vederne uno. E questo gli disse ai politici: a tutti i
politici, d'ogni tipo e partito. Allora, i partiti erano due: o la falcemmartello dei poveri, oppure la croce del Signore. E ciascuno
sceglieva. Ma una cosa era certa: nessuno dei due voleva guerra. Tutto potevano fare: rubare, fare intrallazzi, litigarsi gli avanzi. Ma
guerra no: perche' Brasi era vivo, e lui la guerra - fin troppo - la sapeva.
* * *
Adesso, in questo preciso momento, i nipoti di Brasi - chi veneto, chi siciliano, chi abruzzese: tutti belli puliti, ma ognuno con un nonno
soldato che sorride impacciato dalla foto ingiallita - stanno sbarcando dall'aeroplano della guerra. E questi sono i primi (gli alpini, come
sempre), ma tutto e' gia' preparato anche per gli altri. Sette guerre in un secolo non gli sono bastate, ai re e ai duci (che ora si chiamano
politici e manager, ma sono sempre la stessa razza). Vogliono battere il record, col secolo nuovo: siamo ancora allo zerotre', e loro gia'
sono pronti per la prima guerra.
Rubate, cacciate i giudici, promettete imbrogliando ponti e stretti, fate tutto quel che volete e magari ogni tanto (ma questo non c'e'
bisogno che ve lo diciamo noi) fate anche un po' i mafiosi: siamo uomini di mondo e non ci scandalizziamo. Una cosa sola, a qualunque
costo, non vi lasceremo fare: un'altra guerra.
(L'acqua a Caltanissetta, fra l'altro, d'estate arriva ancora una volta al mese).
Riccardo Orioles
Undici. "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle
controversie internazionali; consente, in condizioni di parita' con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranita' necessarie ad un
ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale
scopo."
Ventotto. "I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali,
civili e amministrative, dagli atti compiuti in violazione di diritti.
In tali casi la responsabilita' civile si estende allo Stato e agli enti pubblici."
Novanta. "Il Presidente della Repubblica non e' responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto
tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi e' messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri."
* * *
Sono tre articoli della Costituzione italiana: una legge, buona o sbagliata, ancora formalmente in vigore e dunque produttrice - almeno
quanto i regolamenti della Regione Lombardia - di effetti giuridici.
Chi viola la legge commette reato ed e' dunque punito con le pene previste dalla legge. I reati commessi dai presidenti della Repubblica
sono previsti con precisione: si chiamano attentato alla Costituzione.
Cioe' fare o permettere qualcosa che la Costituzione proibisce. Se guerra ci sara' - e sara' una guerra con morti, non un gioco - dopo la
guerra il governo nuovo per prima cosa dovra' chiamare chi l'ha permessa a rispondere delle sue responsabilita' penali, ai termini
della legge (in questo caso la Costituzione) che e' molto chiara. Non deve finire con un balletto politico: e questo si deve sapere gia' ora.
* * *
Ora, la Costituzione italiana non e' che vieti la guerra. Non la proibisce. Non dice che e' sbagliato farla. Non dice che bisogna
pensarci due volte. No: usa una parola selvaggia: la "ripudia". A fare una guerra, ordina formalmente la Costituzione, non ci dovete pensare
nemmeno. Non vi deve passare neanche per l'anticamera del cervello. Dovete provare schifo rabbia e disgusto alla sola idea di una guerra:
ripudiare significa esattamente questo. E la Costituzione e' tirannica: vuol essere ubbidita.
"Ripudia". Il povero contadino siciliano, all'epoca dei Savoia, fu preso dallo stato e mandato a conquistare la Libia. "Vai Brasi! Ammazza
quei mussulmani beduini!". Era l'alba del secolo: l'Europa viveva in pace, fra Belle Epoque e riforme. Ma degli stronzi maledetti, per
sentirsi un po' meno straccioni, scatenarono la prima guerra del secolo. Quegli stronzi eravamo noi italiani.
La guerra italo-libica, nel 1912 (l'Italia non guadagno' mai un cazzo dalla Libia: butto' milioni e miliardi, mentre a Caltanissetta l'acqua
arrivava una volta al mese) scateno' una dopo l'altra le quattro guerre balcaniche (croati e serbi hanno cominciato a scannarsi giusto li'). E
alla fine delle guerre balcaniche, e in diretta conseguenza di esse, arriva l'attentato di Sarajevo e la Grande Guerra.
Noi non abbiamo idea neanche lontanamente di che apocalisse sia stata quella guerra. Mio nonno ce la faceva appena a raccontare. La prima
guerra grossa dai tempi di Napoleone, la prima in cui tutti dovevano stare in trincea senza eccezioni: e questo in un mondo pacifico fino a
un istante prima. Immaginate una guerra a morte fra America ed Europa, una Croazia in tutt'Europa che duri cinque anni. L'Italia, fra tutti i
paesi europei, era l'unico che poteva evitare la guerra. Ma gli intellettuali italiani, gli Sgarbi e i Ferrara di allora, insorsero:
"La guerra e' bella! Viva il sangue rigeneratore! Viva la morte!". E vai, Brasi! Il re - il Parlamento non voleva - mando' la cartolina e il
contadino siciliano parti' un'altra volta. E sono due.
Dalla guerra i giovani - che erano partiti cristiani - tornarono inferociti. Ci fu il fascismo. L'impero! Non si poteva assolutamente
stare senza un impero (a Caltanissetta l'acqua continuava ad arrivare una volta al mese). Guerra fra selvaggi e civili, fra italiani e
abissini. I civili si difesero a colpi di lancia, i selvaggi buttarono gas velenosi sui villaggi. I selvaggi eravamo noi, gli italiani. Fra di
loro, per ordine del podesta' del paese, in prima fila marciava il contadino siciliano. "Vedrai, Brasi! Alla fine ti daremo la terra!". E
tre.
Poi i contadini votarono (ma lontano, in Ispagna: da noi era vietato) e cambiarono il governo. Chiedevano, pensa un po', di coltivare le terre.
E i padroni fremevano, perche' la legge e il governo non erano piu' loro. Allora, non sapendo che fare, chiamarono dei banditi: "Vi
pagheremo bene! Ma aiutateci ad ammazzare quei contadini". E i banditi arrivarono, e ci fu un massacro: un milione di morti, per lo piu'
fucilati. Chi erano quei banditi? Noi italiani. La Spagna fu la nostra quarta guerra (nessun altro, in Europa, ne aveva ancora fatte cosi'
tante). E Brasi, a due euri al giorno, sparava "volontario" contro gli altri contadini. E quattro.
Poi la Francia, la Grecia, l'Albania... Il conto delle guerre si perde.
Ha mandolini e chitarre, l'italiano, e poesie e statue antiche e chiese e cose belle dappertutto. Eppure questo popolo cosi' gentile fu quello
che fece piu' guerre. I suoi re, i suoi duci, i suoi generali, i suoi preti! "Vai Brasi!". E Brasi partiva ad ammazzare dappertutto: i greci
che difendevano le loro montagne, i francesi che gia' erano a terra e noi li accoltellavamo, gli inglesi ("Reclamo l'onore di bombardare
Londra!") che ci avevano aiutato a fare l'Italia e tutti gli altri.
Alla fine, poiche' l'odore del sangue fa sentire leoni pure gli sciacalli, eravamo in guerra con tutti quanti: i russi, gli americani,
i cinesi, i canadesi, i polacchi, persino il Brasile. Gli unici amici che avevamo erano i tedeschi feroci e neri, loro i padroni e noi i
servi.
Brasi, quando finalmente torno' al paese, non aveva piu' fucile. E mai piu' voleva vederne uno. E questo gli disse ai politici: a tutti i
politici, d'ogni tipo e partito. Allora, i partiti erano due: o la falcemmartello dei poveri, oppure la croce del Signore. E ciascuno
sceglieva. Ma una cosa era certa: nessuno dei due voleva guerra. Tutto potevano fare: rubare, fare intrallazzi, litigarsi gli avanzi. Ma
guerra no: perche' Brasi era vivo, e lui la guerra - fin troppo - la sapeva.
* * *
Adesso, in questo preciso momento, i nipoti di Brasi - chi veneto, chi siciliano, chi abruzzese: tutti belli puliti, ma ognuno con un nonno
soldato che sorride impacciato dalla foto ingiallita - stanno sbarcando dall'aeroplano della guerra. E questi sono i primi (gli alpini, come
sempre), ma tutto e' gia' preparato anche per gli altri. Sette guerre in un secolo non gli sono bastate, ai re e ai duci (che ora si chiamano
politici e manager, ma sono sempre la stessa razza). Vogliono battere il record, col secolo nuovo: siamo ancora allo zerotre', e loro gia'
sono pronti per la prima guerra.
Rubate, cacciate i giudici, promettete imbrogliando ponti e stretti, fate tutto quel che volete e magari ogni tanto (ma questo non c'e'
bisogno che ve lo diciamo noi) fate anche un po' i mafiosi: siamo uomini di mondo e non ci scandalizziamo. Una cosa sola, a qualunque
costo, non vi lasceremo fare: un'altra guerra.
(L'acqua a Caltanissetta, fra l'altro, d'estate arriva ancora una volta al mese).
Riccardo Orioles
mercoledì, gennaio 22, 2003
Oggi è il compleanno di mio nonno. Non lo sapevo, me l'ha scritto mia madre.
Non lo sapevo perchè non l'ho mai conosciuto, è morto infatti in guerra, a 28 anni.
E' morto più giovane di me, lasciando due figli piccolissimi.
Era un povero contadino abruzzese, mandato al fronte greco-albanese dal governo fascista, a combattere una guerra che sicuramente non aveva scelto e che non condivideva.
Non ha ucciso nessuno, per fortuna, il suo compito infatti era di raccogliere i feriti sul campo e così è morto.
C'è bisogno di chiedermi perchè sono contrario a questa guerra e a tutte le guerre?
Non lo sapevo perchè non l'ho mai conosciuto, è morto infatti in guerra, a 28 anni.
E' morto più giovane di me, lasciando due figli piccolissimi.
Era un povero contadino abruzzese, mandato al fronte greco-albanese dal governo fascista, a combattere una guerra che sicuramente non aveva scelto e che non condivideva.
Non ha ucciso nessuno, per fortuna, il suo compito infatti era di raccogliere i feriti sul campo e così è morto.
C'è bisogno di chiedermi perchè sono contrario a questa guerra e a tutte le guerre?
In questi giorni sto leggendo molto e scrivendo molto poco. (perciò non aggiorno questo blog)
Sarà che io sono conciso e preciso ma oggi in due ore sono riuscito a scrivere due righe!
Più rileggo quanto ho scritto e più capisco di non aver capito e allora mi viene voglia di rimettermi e studiare, ma di questo passo non produrrò molto.
Non dispero, ho abbastanza esperienza da sapere che la mente ha bisogno di tempo per assimilare e rielaborare, farà tutto da sola.
Ad un certo punto SORPRESA!! tutto scorrerà in modo quasi naturale e scontato. Almeno spero.
Intanto beccatevi questa che è una delle mie citazioni preferite di Newman:
“Life is not long enough for a religion of inferences; we shall never have done beginning, if we determine to begin with proof. We shall ever be laying our foundations; we shall turn theology into evidence, and divine matters into textual concerns. We shall never get at our first principles. Resolve to believe nothing, and you must prove your proofs and analyse your elements, sinking farther and farther, and finding ‘in the lowest depth a lower deep’, till you come to the broad bosom of scepticism. [...] Life is for action. If we insist on proofs for every thing, we shall never come to action: to act you must assume, and that assumption is faith.”
Sarà che io sono conciso e preciso ma oggi in due ore sono riuscito a scrivere due righe!
Più rileggo quanto ho scritto e più capisco di non aver capito e allora mi viene voglia di rimettermi e studiare, ma di questo passo non produrrò molto.
Non dispero, ho abbastanza esperienza da sapere che la mente ha bisogno di tempo per assimilare e rielaborare, farà tutto da sola.
Ad un certo punto SORPRESA!! tutto scorrerà in modo quasi naturale e scontato. Almeno spero.
Intanto beccatevi questa che è una delle mie citazioni preferite di Newman:
“Life is not long enough for a religion of inferences; we shall never have done beginning, if we determine to begin with proof. We shall ever be laying our foundations; we shall turn theology into evidence, and divine matters into textual concerns. We shall never get at our first principles. Resolve to believe nothing, and you must prove your proofs and analyse your elements, sinking farther and farther, and finding ‘in the lowest depth a lower deep’, till you come to the broad bosom of scepticism. [...] Life is for action. If we insist on proofs for every thing, we shall never come to action: to act you must assume, and that assumption is faith.”
martedì, gennaio 21, 2003
Mark Morford San Francisco Gate 10 Gennaio 2003 traduzione Camilla Francese
URL: http://sfgate.com/columnists/morford/
L' IMBECILLE VA IN GUERRA FELICE
Un impegno militare americano di dimensioni eccezionali, un nemico inutile e
nessuno sembra sapere perchè
Questa non èuna guerra, in Iraq non sarà una guerra, riusciamo a capirlo?
così non sembrerebbe. Questo è uno scontro tra lobbies di potere che si
uccidono l'una con l'altra per il petrolio ed il denaro. Si certo che è
così!
Cerchiamo di essere perfettamente chiari. Non si può fare una guerra quando
il cosiddetto nemico non ha fatto nulla per provocarti e non rappresenta
nessun tipo di minaccia per la sicurezza del tuo paese, non ha forze armate
degne di questo nome e non ha persino la possibilità di mettere un petardo
vicino alle tue invincibili macchine di morte. Le sue uniche armi sono
alcune testate a corto raggio arrugginite ed agenti biochimici che gli
abbiamo venduto 20 anni fa, e che abbiamo continuato a vendergli nonostante
sapessimo che ci gassava la sua stessa gente.
Non si può fare una guerra se non c'è nessuno contro cui combattere, quando
si tratterà solo di un immenso esercizio di bombardamento da parte degli
Stati Uniti , come in Afghanistan non soffriremo perdite americane (se non
quelli che uccideremo noi stessi) bombardiamo e bombardiamo, uccidiamo ed
uccidiamo, e chi se ne frega.
Diamo un'occhiata in dettaglio. La preparazione alla guerra all'Iraq è la
più grande da decenni. secondo il generale McInerney la guerra in Iraq sarà
la più imponente campagna aerea di precisione della storia, perché? Bene,
perché possiamo. Perché vogliamo annichilire ogni cosa nella maniera più
veloce e senza regole possibile, semplicemente perché più a lungo dura
questa guerra più diventa costosa ed ovviamente diventa senza senso, perché
sempre più gente si tirerà fuori, fermi, perché stiamo facendo questo di
nuovo?
L'esercito di Saddam, permettiamoci di ricordarlo, è una piccola frazione di
quello che era 10 anni fa durante l'operazione Desert Storm, e persino
allora ci sono voluti solo 4 giorni per distruggerlo completamente.
Adesso è persino più debole, a causa delle sanzioni dell'ONU, per un
decennio di continui bombardamenti su obiettivi iraqeni di cui non hai mai
sentito parlare. Diavolo, stavolta avremo migliaia di fastidiosi soldati
iraqeni e di civili innocenti morti e massacrati in un fine settimana.
Questo è un camion contro una persona, un F16 contro un aereo di carta, un
missile Tomahawk contro uno sputo. Non c'è contesa. Guerra è il termine più
sbagliato L'attacco statunitense all'Iraq sarà un massacro, naturalmente.
Forza ragazzi!
Adesso diciamo che abbiate la sensazione che tutto questo sia vero. Che
abbiate un senso di disgusto che sale dal profondo del vostro stomaco mentre
realizzate che nessuno stia parlando del perché ci sia il bisogno di
cominciare una seconda guerra invincibile come quella che stiamo ancora
combattendo in Afghanistan.
Ricordate l'Afghanistan? Sì, siamo ancora lì, continuando a combattere,
bombardando, attaccando ed uccidendo. Senza aver ancora preso un singolo
leader di Al Qaeda. Sembra brutto, però nel frattempo abbiamo ucciso qualche
migliaio di civili. E chi se ne frega.
Ma fermiamoci un attimo. Perché combattere in Iraq? Non si riesce a trovare
Osama e questa è la prima ragione. E questo sembra brutto. Un'altra ragione
è che vogliamo veramente, ma veramente rubare tutto quel delizioso petrolio
per le multinazionali petrolifere. Saddam poi è un cattivo soggetto che
uccide la sua stessa gente e che deride la politica americana e questa è la
terza ragione. Ma si può ribadire ancora una volta che ci sono almeno una
mezza dozzina di tiranni nel mondo. La scostante potenza atomica della Corea
del Nord? OK instauriamo un dialogo. Fiacco Iraq pieno di petrolio? OK
Massacriamo. Hmmm
Forse ti stai chiedendo come mai nessuno si sta facendo queste domande,
considerando questi punti di vista?
Forse ti stai chiedendo dove diavolo sono i maggiori media senza spina
dorsale, mentre annunciano tra un colpo di golf e l'altro che decine di
migliaia di soldati americani sono stati mandati nel golfo con un
organizzazione da diversi miliardi di dollari, e le imminenti bombe che
riverseranno morte su una nazione spregevolmente oppressa, mentre sulla CNN
si annuncia il programma successivo: l'intervista all'idiota che ha vinto
"chi vuol essere milionario". Perfetto!
Forse ti chiedi dov' è la copertura della TV nazionale su quelle enormi
protestte pacifiste che coinvolgono centinaia di migliaia di persone in
tutto il mondo, dalla Spagna a Berlino, da New York a San Francisco.
Forse ti chiedi dove sono tutti quei giornalisti serissimi le temerarie
agenzie di stampa perchè non sottolineano l'assurdità di tutto questo,
dell'orrore imminente, dell'oltraggio. Potrebbe essere che queste agenzie di
stampa siano di proprietà delle lobbies più conservatrici? potrebbero essere
tutti terrorizzati da perdere punti nell'indice di gradimento, di dire
qualcosa di impopolare, o di provocare l'ira di Cheney, di perdere dei
dollari di pubblicità, e quell'audience sempre stupidamente muta e preziosa?
Prova ad indovinare.
Inoltre, chi ha bisogno di una ragione per un nuovo massacro? Questa è l'era
degli attacchi preventivi, del regime che ti fotte di Bush. Chi ha bisogno
per esempio delle dottrina ormai coperta di ruggina di Monroe che affermava
che l'america sarebe andata in guerra solo come ultima risorsa, solo per
scopi difensivi e che diceva che non si sarebbe mai immischiata in guerre
invincibili all'estero che non ci coinvolgono in nessun modo?
Chi ha bisogno di una qualsiasi risoluzione di diritto nazionale. Chi ha
bisogno della carta dell'ONU? Chi ha bisogno di una confusa approvazione del
congresso? Chi ha bisogno di integrità morale?
Fottiamoli, dice il Segretario della Difesa Rumsfield, i suoi occhi neri
brillano come le palle da golf di Satana in persona. Diventiamo un paese
sempre piùarrogante ed odiato, attacchiami ci ci pare, quando ci pare senza
appoggio internazionale e nel disgusto di tutti. Sputtaniamoci in pochi mesi
bambinescamente l'appoggio generoso e pieno di passione dei nostri alleati
internazionali che ci sono stati vicini dopo la tragedia dell'undici
settembre.
Vogliamo solo uccidere civili innocenti, bambini e migliaia di soldati
iraqeni che, ripetiamolo ancora, non hanno fatto niente per provocarci.
Diciamolo? Sì diciamolo? Perché? Shhhhhh.
Diciamolo chiaramente, Saddam non è una minaccia per gli Stati Uniti, ne mai
lo è stato. E' semplicemente un altro dittatore codardo ed assassino, molto
simile ad altri numerosi despoti ed autocrati, da Marcos a re Fahd ad Ariel
Sharon. Gli Stati Uniti lo hanno aggiunto al proprio libro paga quando ci ha
fatto comodo, e che scarichiamo quando abbiamo bisogno di uno stimolo
economico, o quando il presidente ha bisogno di un incremento di
popolaritànei sondaggi, o quando le industrie amiche di Bush la Mafia Bianca
ha bisogno di più miliardi di dollari e migliori contratti con la difesa.
orse è questo il motivo.
Praticamente stiamo per attaccare e massacrare in Iraq per le riserve di
petrolio, per proteggere gli interessi corporativi americani e per
soddisfare gli annaspanti appetiti del complesso militare industriale. Come
è sempre stato.
Ma cerchiamo di essere chiari una volta per tutte. Non stiamo mettendo in
moto questa spaventosa macchina da guerra per il tuo bene, o per proteggere
il paese o per il nostro lodevole impegno nei confronti dei nostri alleati
nelle missioni umanitarie. Tutto questo è chiarissimo.
Non stiamo facendo questo per sconfiggere il terrorismo (avrà l'effetto
opposto), o per rendere le strade più sicure per i nostri figli, o perché
hanno trovato delle armi di distruzione di massa (non ne hanno, nemmeno una)
o persino per il bene dell'Iraq. Dobbiamo capire che siamo, molto
semplicemente, male informati ed illusi apertamente, deliberatamente ed in
maniera flagrante.
Lo capiamo questo? Dobbiamo, dobbiamo assolutamente provare a capirlo
------------------------------------------------------------------------
* Thoughts for the author? E-mail him.
* Subscribe to Mark's deeply skewed, mostly legal Morning Fix newsletter.
Mark Morford's Notes & Errata column appears every Wednesday and Friday on
SF Gate, unless it appears on Tuesdays and Thursdays, which it never does.
He also writes the Morning Fix, a deeply skewed thrice-weekly e-mail column
and newsletter. Subscribe at sfgate.com/newsletters.
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L' IMBECILLE VA IN GUERRA FELICE
Un impegno militare americano di dimensioni eccezionali, un nemico inutile e
nessuno sembra sapere perchè
Questa non èuna guerra, in Iraq non sarà una guerra, riusciamo a capirlo?
così non sembrerebbe. Questo è uno scontro tra lobbies di potere che si
uccidono l'una con l'altra per il petrolio ed il denaro. Si certo che è
così!
Cerchiamo di essere perfettamente chiari. Non si può fare una guerra quando
il cosiddetto nemico non ha fatto nulla per provocarti e non rappresenta
nessun tipo di minaccia per la sicurezza del tuo paese, non ha forze armate
degne di questo nome e non ha persino la possibilità di mettere un petardo
vicino alle tue invincibili macchine di morte. Le sue uniche armi sono
alcune testate a corto raggio arrugginite ed agenti biochimici che gli
abbiamo venduto 20 anni fa, e che abbiamo continuato a vendergli nonostante
sapessimo che ci gassava la sua stessa gente.
Non si può fare una guerra se non c'è nessuno contro cui combattere, quando
si tratterà solo di un immenso esercizio di bombardamento da parte degli
Stati Uniti , come in Afghanistan non soffriremo perdite americane (se non
quelli che uccideremo noi stessi) bombardiamo e bombardiamo, uccidiamo ed
uccidiamo, e chi se ne frega.
Diamo un'occhiata in dettaglio. La preparazione alla guerra all'Iraq è la
più grande da decenni. secondo il generale McInerney la guerra in Iraq sarà
la più imponente campagna aerea di precisione della storia, perché? Bene,
perché possiamo. Perché vogliamo annichilire ogni cosa nella maniera più
veloce e senza regole possibile, semplicemente perché più a lungo dura
questa guerra più diventa costosa ed ovviamente diventa senza senso, perché
sempre più gente si tirerà fuori, fermi, perché stiamo facendo questo di
nuovo?
L'esercito di Saddam, permettiamoci di ricordarlo, è una piccola frazione di
quello che era 10 anni fa durante l'operazione Desert Storm, e persino
allora ci sono voluti solo 4 giorni per distruggerlo completamente.
Adesso è persino più debole, a causa delle sanzioni dell'ONU, per un
decennio di continui bombardamenti su obiettivi iraqeni di cui non hai mai
sentito parlare. Diavolo, stavolta avremo migliaia di fastidiosi soldati
iraqeni e di civili innocenti morti e massacrati in un fine settimana.
Questo è un camion contro una persona, un F16 contro un aereo di carta, un
missile Tomahawk contro uno sputo. Non c'è contesa. Guerra è il termine più
sbagliato L'attacco statunitense all'Iraq sarà un massacro, naturalmente.
Forza ragazzi!
Adesso diciamo che abbiate la sensazione che tutto questo sia vero. Che
abbiate un senso di disgusto che sale dal profondo del vostro stomaco mentre
realizzate che nessuno stia parlando del perché ci sia il bisogno di
cominciare una seconda guerra invincibile come quella che stiamo ancora
combattendo in Afghanistan.
Ricordate l'Afghanistan? Sì, siamo ancora lì, continuando a combattere,
bombardando, attaccando ed uccidendo. Senza aver ancora preso un singolo
leader di Al Qaeda. Sembra brutto, però nel frattempo abbiamo ucciso qualche
migliaio di civili. E chi se ne frega.
Ma fermiamoci un attimo. Perché combattere in Iraq? Non si riesce a trovare
Osama e questa è la prima ragione. E questo sembra brutto. Un'altra ragione
è che vogliamo veramente, ma veramente rubare tutto quel delizioso petrolio
per le multinazionali petrolifere. Saddam poi è un cattivo soggetto che
uccide la sua stessa gente e che deride la politica americana e questa è la
terza ragione. Ma si può ribadire ancora una volta che ci sono almeno una
mezza dozzina di tiranni nel mondo. La scostante potenza atomica della Corea
del Nord? OK instauriamo un dialogo. Fiacco Iraq pieno di petrolio? OK
Massacriamo. Hmmm
Forse ti stai chiedendo come mai nessuno si sta facendo queste domande,
considerando questi punti di vista?
Forse ti stai chiedendo dove diavolo sono i maggiori media senza spina
dorsale, mentre annunciano tra un colpo di golf e l'altro che decine di
migliaia di soldati americani sono stati mandati nel golfo con un
organizzazione da diversi miliardi di dollari, e le imminenti bombe che
riverseranno morte su una nazione spregevolmente oppressa, mentre sulla CNN
si annuncia il programma successivo: l'intervista all'idiota che ha vinto
"chi vuol essere milionario". Perfetto!
Forse ti chiedi dov' è la copertura della TV nazionale su quelle enormi
protestte pacifiste che coinvolgono centinaia di migliaia di persone in
tutto il mondo, dalla Spagna a Berlino, da New York a San Francisco.
Forse ti chiedi dove sono tutti quei giornalisti serissimi le temerarie
agenzie di stampa perchè non sottolineano l'assurdità di tutto questo,
dell'orrore imminente, dell'oltraggio. Potrebbe essere che queste agenzie di
stampa siano di proprietà delle lobbies più conservatrici? potrebbero essere
tutti terrorizzati da perdere punti nell'indice di gradimento, di dire
qualcosa di impopolare, o di provocare l'ira di Cheney, di perdere dei
dollari di pubblicità, e quell'audience sempre stupidamente muta e preziosa?
Prova ad indovinare.
Inoltre, chi ha bisogno di una ragione per un nuovo massacro? Questa è l'era
degli attacchi preventivi, del regime che ti fotte di Bush. Chi ha bisogno
per esempio delle dottrina ormai coperta di ruggina di Monroe che affermava
che l'america sarebe andata in guerra solo come ultima risorsa, solo per
scopi difensivi e che diceva che non si sarebbe mai immischiata in guerre
invincibili all'estero che non ci coinvolgono in nessun modo?
Chi ha bisogno di una qualsiasi risoluzione di diritto nazionale. Chi ha
bisogno della carta dell'ONU? Chi ha bisogno di una confusa approvazione del
congresso? Chi ha bisogno di integrità morale?
Fottiamoli, dice il Segretario della Difesa Rumsfield, i suoi occhi neri
brillano come le palle da golf di Satana in persona. Diventiamo un paese
sempre piùarrogante ed odiato, attacchiami ci ci pare, quando ci pare senza
appoggio internazionale e nel disgusto di tutti. Sputtaniamoci in pochi mesi
bambinescamente l'appoggio generoso e pieno di passione dei nostri alleati
internazionali che ci sono stati vicini dopo la tragedia dell'undici
settembre.
Vogliamo solo uccidere civili innocenti, bambini e migliaia di soldati
iraqeni che, ripetiamolo ancora, non hanno fatto niente per provocarci.
Diciamolo? Sì diciamolo? Perché? Shhhhhh.
Diciamolo chiaramente, Saddam non è una minaccia per gli Stati Uniti, ne mai
lo è stato. E' semplicemente un altro dittatore codardo ed assassino, molto
simile ad altri numerosi despoti ed autocrati, da Marcos a re Fahd ad Ariel
Sharon. Gli Stati Uniti lo hanno aggiunto al proprio libro paga quando ci ha
fatto comodo, e che scarichiamo quando abbiamo bisogno di uno stimolo
economico, o quando il presidente ha bisogno di un incremento di
popolaritànei sondaggi, o quando le industrie amiche di Bush la Mafia Bianca
ha bisogno di più miliardi di dollari e migliori contratti con la difesa.
orse è questo il motivo.
Praticamente stiamo per attaccare e massacrare in Iraq per le riserve di
petrolio, per proteggere gli interessi corporativi americani e per
soddisfare gli annaspanti appetiti del complesso militare industriale. Come
è sempre stato.
Ma cerchiamo di essere chiari una volta per tutte. Non stiamo mettendo in
moto questa spaventosa macchina da guerra per il tuo bene, o per proteggere
il paese o per il nostro lodevole impegno nei confronti dei nostri alleati
nelle missioni umanitarie. Tutto questo è chiarissimo.
Non stiamo facendo questo per sconfiggere il terrorismo (avrà l'effetto
opposto), o per rendere le strade più sicure per i nostri figli, o perché
hanno trovato delle armi di distruzione di massa (non ne hanno, nemmeno una)
o persino per il bene dell'Iraq. Dobbiamo capire che siamo, molto
semplicemente, male informati ed illusi apertamente, deliberatamente ed in
maniera flagrante.
Lo capiamo questo? Dobbiamo, dobbiamo assolutamente provare a capirlo
------------------------------------------------------------------------
* Thoughts for the author? E-mail him.
* Subscribe to Mark's deeply skewed, mostly legal Morning Fix newsletter.
Mark Morford's Notes & Errata column appears every Wednesday and Friday on
SF Gate, unless it appears on Tuesdays and Thursdays, which it never does.
He also writes the Morning Fix, a deeply skewed thrice-weekly e-mail column
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domenica, gennaio 19, 2003
Noi non rimproveriamo alla società trasgressiva di mirare al godimento e al benessere; le rimproveriamo piuttosto di non riuscirci, perché se si
gode senza significato alcuno non si gode affatto, e un benessere che non si accompagni con la proposta di un qualche ideale plausibile alla fine si
trasforma in malessere.
Card. Giacomo Biffi, dal Liber Pastoralis Bononiensis
gode senza significato alcuno non si gode affatto, e un benessere che non si accompagni con la proposta di un qualche ideale plausibile alla fine si
trasforma in malessere.
Card. Giacomo Biffi, dal Liber Pastoralis Bononiensis
When The Stars Go Blue
Dancin' where the stars go blue
Dancin' where the evening fell
Dancin' in your wooden shoes
In a wedding gown
Dancin' out on 7th street
Dancin' through the underground
Dancin' little marionette
Are you happy now?
Where do you go when you're lonely
Where do you go when you're blue
Where do you go when you're lonely
I'll follow you
When the stars go blue
Laughing with your pretty mouth
Laughing with your broken eyes
Laughing with your lover's tongue
In a lullaby
Where do you go when you're lonely
Where do you go when you're blue
Where do you go when you're lonely
I'll follow you
When the stars go blue
The stars go blue, stars go blue
Dancin' where the stars go blue
Dancin' where the evening fell
Dancin' in your wooden shoes
In a wedding gown
Dancin' out on 7th street
Dancin' through the underground
Dancin' little marionette
Are you happy now?
Where do you go when you're lonely
Where do you go when you're blue
Where do you go when you're lonely
I'll follow you
When the stars go blue
Laughing with your pretty mouth
Laughing with your broken eyes
Laughing with your lover's tongue
In a lullaby
Where do you go when you're lonely
Where do you go when you're blue
Where do you go when you're lonely
I'll follow you
When the stars go blue
The stars go blue, stars go blue
L'aggettivo possessivo
La vita del borghese è basata sulla proprietà, cioè sul senso di solidità del benessere. Preoccupazione del cristiano è di essere, scopo del borghese è di avere. Quando il borghese dice: mia moglie, la mia automobile, le mie terre, quel che conta per lui non sono la moglie, l'automobile, le terre, ma l'aggettivo possessivo che per lui prende carne.
No, non è Marx a scrivere questo duro j'accuse contro la borghesia, bensì un filosofo cristiano di forte passione spirituale, il francese Emmanuel Mounier (1905-1950), nella sua opera più originale, Rivoluzione personalista e comunitaria (1935). Siamo tutti d'accordo nel riconoscere alla borghesia classica, alla sua cultura, alla sua incidenza sociale molti risultati importanti nel configurare il volto della civiltà occidentale. C'è, però, uno "spirito borghese" che spesso si è trasformato in una teorizzazione dell'egoismo, del benessere fine a se stesso, del possesso intoccabile, dell'insensibilità sociale.
Come scrive Mounier, è l'aggettivo possessivo a dominare e a dare colore e valore a tutte le realtà. Sappiamo bene dove conduca questa strada, se non è corretta dall'amore. È per questo che la prima parola che Dio rivolge ad Abramo è proprio l'esatto contrario di una simile attitudine: «Esci dalla tua terra, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre!» (Genesi 12, 1). E Gesù fa andare per il mondo i suoi discepoli leggeri come il vento: «Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone» (Matteo 10, 9-10). È con questa libertà che si è capaci di passare oltre l'aggettivo possessivo per scoprire la persona e la comunione.
Gianfranco Ravasi
Avvenire 14 Gennaio 2003
La vita del borghese è basata sulla proprietà, cioè sul senso di solidità del benessere. Preoccupazione del cristiano è di essere, scopo del borghese è di avere. Quando il borghese dice: mia moglie, la mia automobile, le mie terre, quel che conta per lui non sono la moglie, l'automobile, le terre, ma l'aggettivo possessivo che per lui prende carne.
No, non è Marx a scrivere questo duro j'accuse contro la borghesia, bensì un filosofo cristiano di forte passione spirituale, il francese Emmanuel Mounier (1905-1950), nella sua opera più originale, Rivoluzione personalista e comunitaria (1935). Siamo tutti d'accordo nel riconoscere alla borghesia classica, alla sua cultura, alla sua incidenza sociale molti risultati importanti nel configurare il volto della civiltà occidentale. C'è, però, uno "spirito borghese" che spesso si è trasformato in una teorizzazione dell'egoismo, del benessere fine a se stesso, del possesso intoccabile, dell'insensibilità sociale.
Come scrive Mounier, è l'aggettivo possessivo a dominare e a dare colore e valore a tutte le realtà. Sappiamo bene dove conduca questa strada, se non è corretta dall'amore. È per questo che la prima parola che Dio rivolge ad Abramo è proprio l'esatto contrario di una simile attitudine: «Esci dalla tua terra, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre!» (Genesi 12, 1). E Gesù fa andare per il mondo i suoi discepoli leggeri come il vento: «Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone» (Matteo 10, 9-10). È con questa libertà che si è capaci di passare oltre l'aggettivo possessivo per scoprire la persona e la comunione.
Gianfranco Ravasi
Avvenire 14 Gennaio 2003
Sexually attractive clown (F counsellor, thirties) needs to get serious. Wrong face for the job, but a heart big enough for any man. Except Andrew Marr. phantomflamfling@writeme.com
(annuncio vero)
(annuncio vero)
sabato, gennaio 18, 2003
Ho visto Gangs of New York di Scorsese. Un film sulla New York ottocentesca, sugli scontri tra residenti e nuovi immigrati irlandesi.
Un film intenso, lungo, crudo, difficile da interpretare.
La ricostruzione di New York, realizzata a Cinecittà è perfetta e la si può visitare attraverso il sito.
Un film difficile da interpretare, dicevo, ma mi ha fatto pensare alla difficoltà degli immigrati, alla violenza che c'è sempre stata nella storia americana, alla necessità di costruire la pace e la convivenza sulla giustizia.
Mi ha fatto pensare a quanto è cambiata quella città, a quante braccia l'hanno costruita, ai milioni di irlandesi che hanno lasciato la casa, fino a pochissimi anni fa.
Ora che l'Irlanda è diventata terra di immigrazione, ed io ne so qualcosa, è bene non dimenticarlo.
Oh my love, it's a long way we've come.
From the freckled hills, to the steel and glass canyons.
From the stony fields, to hanging steel from the sky.
From digging in our pockets, for a reason not to say goodbye.
These are the hands, that build America.
America.
Un film intenso, lungo, crudo, difficile da interpretare.
La ricostruzione di New York, realizzata a Cinecittà è perfetta e la si può visitare attraverso il sito.
Un film difficile da interpretare, dicevo, ma mi ha fatto pensare alla difficoltà degli immigrati, alla violenza che c'è sempre stata nella storia americana, alla necessità di costruire la pace e la convivenza sulla giustizia.
Mi ha fatto pensare a quanto è cambiata quella città, a quante braccia l'hanno costruita, ai milioni di irlandesi che hanno lasciato la casa, fino a pochissimi anni fa.
Ora che l'Irlanda è diventata terra di immigrazione, ed io ne so qualcosa, è bene non dimenticarlo.
Oh my love, it's a long way we've come.
From the freckled hills, to the steel and glass canyons.
From the stony fields, to hanging steel from the sky.
From digging in our pockets, for a reason not to say goodbye.
These are the hands, that build America.
America.
C'è un nesso tra ragazze di Cambridge e cover girl di Play Boy.
Per la prima volta nella storia, quest'anno le matricole donne della prestigiosa Università di Cambridge (Inghilterra) hanno superato per numero le matricole uomini». Così il Times di Londra del 23 dicembre 2002. La notizia non è di quelle che provocano reazioni nei giornali italiani, chessoio come se uno parlasse di questioni fondamentali quali la lotta tra gli ascolti di Morandi e De Filippi al sabato sera. Tanto è vero che, per quel che ne sappiamo, nessuno l'ha pubblicata. E, invece, -mi permetto di suggerire- qualche importanza il dato di Cambridge ce l'ha. Se non altro perché conferma quanto dovremmo sapere tutti: il divario economico e di status tra maschi e femmine, che tuttora persiste anche nel mondo industriale avanzato, non è dovuto a differenze di capacità tra i generi sessuali. Semmai, è dovuto, come rivelano inequivocamente le statistiche, agli oneri per la costituzione della famiglia, alla nascita dei figli e al lavoro di cura non retribuito. I test di Cambridge sono sufficientemente seri, imparziali e affidabili, proprio perciò in grado di smantellare un luogo comune, che resiste dai tempi di Aristotele: quello per cui le donne avrebbero minore capacità di astrazione rispetto agli uomini.
I giornali italiani, invece, riportano una notizia pure centrata sulle donne, che proviene dal Nord America. Una equipe internazionale di ricercatori dell'Università canadese di York e di quella austriaca di Vienna - sulla cui serietà e competenza non abbiamo per la verità sufficienti informazioni - avrebbe trovato le prove di un cambiamento significativo nelle misure femminili delle cover girl presenti tra il 1953 e il 2001 sulle copertine di giornali patinati per soli uomini. Giornali del tipo di Play Boy, per intenderci. Le misure di queste moderne dee della bellezza sarebbero, infatti, mutate a tal punto da far ritenere plausibile un vero e proprio cambiamento paradigmatico del canone estetico tradizionale. Le donne in questione avrebbero - secondo i profondi accademici dei due lati dell'Atlantico - sensibilmente meno tette ed esporrebbero natiche dalla convessità meno pronunciata. In sostanza, sarebbe tramontata la famosa forma "a clessidra" e le curve delle cover girl sarebbero tutte assai più simili a quelle dei loro colleghi maschi. Una sorta di androginia costituirebbe, in sostanza, la formula idonea per comprendere il mutamento paradigmatico del non più eterno femminino.
Il sospetto - come avrete già compreso - è che possa esserci un qualche rapporto tra le due notizie qui sopra riprese. E che, in altre parole, la oramai conquistata parità intellettuale possa essere pagata con qualche perdita complessiva in termini di femminilità. Sappiamo bene che quest'ultima non si misura in termini di culi e tette. Tuttavia, molti studiosi di scienze sociali sarebbero disposti ad accettare la tesi secondo cui la differenza tra i generi diminuisce ai nostri giorni secondo vari parametri. E che non solo le donne somigliano più agli uomini, ma anche questi somigliano più alle donne. Volendo radicalizzare, così, si potrebbe sostenere la tesi secondo cui - fino a quando il mondo che conosciamo non cambi più di quel che per ora siamo in grado di capire - quanto più troviamo segni di emancipazione femminile tanto più rintracciamo anche perdite di differenza tra i sessi. La domanda, come avrete intuito, è: trattasi di incubo metafisico o di progresso da incoraggiare?
Il Riformista 28/12/2002
Per la prima volta nella storia, quest'anno le matricole donne della prestigiosa Università di Cambridge (Inghilterra) hanno superato per numero le matricole uomini». Così il Times di Londra del 23 dicembre 2002. La notizia non è di quelle che provocano reazioni nei giornali italiani, chessoio come se uno parlasse di questioni fondamentali quali la lotta tra gli ascolti di Morandi e De Filippi al sabato sera. Tanto è vero che, per quel che ne sappiamo, nessuno l'ha pubblicata. E, invece, -mi permetto di suggerire- qualche importanza il dato di Cambridge ce l'ha. Se non altro perché conferma quanto dovremmo sapere tutti: il divario economico e di status tra maschi e femmine, che tuttora persiste anche nel mondo industriale avanzato, non è dovuto a differenze di capacità tra i generi sessuali. Semmai, è dovuto, come rivelano inequivocamente le statistiche, agli oneri per la costituzione della famiglia, alla nascita dei figli e al lavoro di cura non retribuito. I test di Cambridge sono sufficientemente seri, imparziali e affidabili, proprio perciò in grado di smantellare un luogo comune, che resiste dai tempi di Aristotele: quello per cui le donne avrebbero minore capacità di astrazione rispetto agli uomini.
I giornali italiani, invece, riportano una notizia pure centrata sulle donne, che proviene dal Nord America. Una equipe internazionale di ricercatori dell'Università canadese di York e di quella austriaca di Vienna - sulla cui serietà e competenza non abbiamo per la verità sufficienti informazioni - avrebbe trovato le prove di un cambiamento significativo nelle misure femminili delle cover girl presenti tra il 1953 e il 2001 sulle copertine di giornali patinati per soli uomini. Giornali del tipo di Play Boy, per intenderci. Le misure di queste moderne dee della bellezza sarebbero, infatti, mutate a tal punto da far ritenere plausibile un vero e proprio cambiamento paradigmatico del canone estetico tradizionale. Le donne in questione avrebbero - secondo i profondi accademici dei due lati dell'Atlantico - sensibilmente meno tette ed esporrebbero natiche dalla convessità meno pronunciata. In sostanza, sarebbe tramontata la famosa forma "a clessidra" e le curve delle cover girl sarebbero tutte assai più simili a quelle dei loro colleghi maschi. Una sorta di androginia costituirebbe, in sostanza, la formula idonea per comprendere il mutamento paradigmatico del non più eterno femminino.
Il sospetto - come avrete già compreso - è che possa esserci un qualche rapporto tra le due notizie qui sopra riprese. E che, in altre parole, la oramai conquistata parità intellettuale possa essere pagata con qualche perdita complessiva in termini di femminilità. Sappiamo bene che quest'ultima non si misura in termini di culi e tette. Tuttavia, molti studiosi di scienze sociali sarebbero disposti ad accettare la tesi secondo cui la differenza tra i generi diminuisce ai nostri giorni secondo vari parametri. E che non solo le donne somigliano più agli uomini, ma anche questi somigliano più alle donne. Volendo radicalizzare, così, si potrebbe sostenere la tesi secondo cui - fino a quando il mondo che conosciamo non cambi più di quel che per ora siamo in grado di capire - quanto più troviamo segni di emancipazione femminile tanto più rintracciamo anche perdite di differenza tra i sessi. La domanda, come avrete intuito, è: trattasi di incubo metafisico o di progresso da incoraggiare?
Il Riformista 28/12/2002
venerdì, gennaio 17, 2003
Stasera due simpatiche fanciulle, conosciute ieri sera da Jose, sono venute a prendere a cup of tea da noi e così ho scoperto che nel Merville Residence, proprio a fianco al mio, ci sono quattro appartamenti nei quali si parla esplicitamente e rigorosamente solo irlandese. Bellisimo, così so dove potrò esercitarmi un po'.
Per preservare la lingua offrono a prezzi speciali questi posti a chi parla l'irlandese come madre lingua. Mercoledì intanto ho la prima lezione.
Per preservare la lingua offrono a prezzi speciali questi posti a chi parla l'irlandese come madre lingua. Mercoledì intanto ho la prima lezione.
Oggi Bob Geldof è venuto nel college, la Literary & Historical Society lo ha eletto membro onorario.
La L&H Society, della quale sono orgogliosamente membro, è un'associazione studentesca fondata nientemeno che dal mio caro J. H. Newman nel 1855. E' la più grande debate society d'Europa, almeno così dicono, e quest'anno ha pensato bene di premiare Nial Jordan e, appunto, Bob Geldof, che è nato ad un chilometro da qui.
L'accoglienza degli studenti è stata calorosa, l'aula strapiena.
Molto alto, spettinato ma elegante, ci ha raccontato di quanto l'Irlanda sia cambiata in 25 anni, della difficoltà di fare musica ai suoi tempi, della voglia di fuggire.
Naturalmente non sono mancate le domande su Live Aid, su The Wall, sulle sue preferenze musicali attuali ma il suo impegno maggiore attualmente è la promozione dei diritti dei padri separati o divorziati. Dice che nonostante tutte le iniziative promosse in passato mai come ora riceve montagne di lettere, lettere di padri che soffrono perchè separati dai figli, lettere che non legge perchè troppo dolorose.
Bob Geldof mi è parso un personaggio insolito, sarcastico con i suoi connazionali ma capace di grandiosi progetti, rivoluzionario ma così umanamente bisognoso dell'affetto dei propri figli.
La L&H Society, della quale sono orgogliosamente membro, è un'associazione studentesca fondata nientemeno che dal mio caro J. H. Newman nel 1855. E' la più grande debate society d'Europa, almeno così dicono, e quest'anno ha pensato bene di premiare Nial Jordan e, appunto, Bob Geldof, che è nato ad un chilometro da qui.
L'accoglienza degli studenti è stata calorosa, l'aula strapiena.
Molto alto, spettinato ma elegante, ci ha raccontato di quanto l'Irlanda sia cambiata in 25 anni, della difficoltà di fare musica ai suoi tempi, della voglia di fuggire.
Naturalmente non sono mancate le domande su Live Aid, su The Wall, sulle sue preferenze musicali attuali ma il suo impegno maggiore attualmente è la promozione dei diritti dei padri separati o divorziati. Dice che nonostante tutte le iniziative promosse in passato mai come ora riceve montagne di lettere, lettere di padri che soffrono perchè separati dai figli, lettere che non legge perchè troppo dolorose.
Bob Geldof mi è parso un personaggio insolito, sarcastico con i suoi connazionali ma capace di grandiosi progetti, rivoluzionario ma così umanamente bisognoso dell'affetto dei propri figli.
Oggi grazie a questo articoletto comparso su Il Riformista ho scoperto l'origine degli ascensori OTIS, uno dei quali è in casa mia in Italia.
Elisha G. Otis (1811-1861) si gettò con tutta l'anima nell'elevazione meccanica. Studiò a lungo gli ascensori, progettò un tipo di montacarichi, aprì un negozio per mostrare il livello delle invenzioni. Ma gli affari non andavano su. Otis decise di salire al Crystal Palace di New York, dove, nel 1853, presentò il suo prodotto di punta: un dispositivo di sicurezza automatico, in grado di bloccare la caduta della cabina di un ascensore in caso di rottura della fune di sollevamento. Cominciava l'ascesa: la produzione di ascensori registrò un'impennata, tanto più quando si iniziò ad installarli in grandi magazzini e alberghi. E dato che la popolazione aumentava, ma non lo spazio edificabile, l'ascensore permise di costruire abitazioni sempre più alte. Elisha non poté assistere a tutto ciò, morì troppo presto. Ma, grazie ai figli, Otis non restò un nome qualunque.
Lisa Reggi
Elisha G. Otis (1811-1861) si gettò con tutta l'anima nell'elevazione meccanica. Studiò a lungo gli ascensori, progettò un tipo di montacarichi, aprì un negozio per mostrare il livello delle invenzioni. Ma gli affari non andavano su. Otis decise di salire al Crystal Palace di New York, dove, nel 1853, presentò il suo prodotto di punta: un dispositivo di sicurezza automatico, in grado di bloccare la caduta della cabina di un ascensore in caso di rottura della fune di sollevamento. Cominciava l'ascesa: la produzione di ascensori registrò un'impennata, tanto più quando si iniziò ad installarli in grandi magazzini e alberghi. E dato che la popolazione aumentava, ma non lo spazio edificabile, l'ascensore permise di costruire abitazioni sempre più alte. Elisha non poté assistere a tutto ciò, morì troppo presto. Ma, grazie ai figli, Otis non restò un nome qualunque.
Lisa Reggi
giovedì, gennaio 16, 2003
Digiuno, preghiera, riflessione, impegno per la pace.
Sono le proposte contenute nella lettera che Pax Christi ha inviato a tutti i vescovi italiani in preparazione dell'anniversario dello storico incontro
del 24 gennaio 1986 tra il papa e i rappresentanti delle varie religioni tenutosi ad Assisi.
La proposta, che trova l'adesione e il sostegno della Caritas Italiana e dell'Azione Cattolica, intende riprendere anche la proposta del papa del 14
dicembre 2001 che invitava al digiuno e "a pregare con fervore Dio perche' conceda al mondo una pace stabile, fondata sulla giustizia, e faccia si' che
si possano trovare adeguate soluzioni ai molti conflitti che travagliano il mondo".
"Sarebbe bello e significativo che le parrocchie che aderiscono all'iniziativa espongano sulla facciata della propria chiesa o sul campanile
una bandiera della pace - ha dichiarato Tonio Dell'Olio, coordinatore nazionale di Pax Christi - per indicare la volonta' di pace dei credenti in
Cristo e far sapere che in quella Chiesa si sta pregando e progettando per la pace".
E' un modo, questo, per dare eco e sostegno "ai si' e ai no" pronunciati con ferma determinazione da Giovanni Paolo II ieri nel discorso tenuto al corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Sono le proposte contenute nella lettera che Pax Christi ha inviato a tutti i vescovi italiani in preparazione dell'anniversario dello storico incontro
del 24 gennaio 1986 tra il papa e i rappresentanti delle varie religioni tenutosi ad Assisi.
La proposta, che trova l'adesione e il sostegno della Caritas Italiana e dell'Azione Cattolica, intende riprendere anche la proposta del papa del 14
dicembre 2001 che invitava al digiuno e "a pregare con fervore Dio perche' conceda al mondo una pace stabile, fondata sulla giustizia, e faccia si' che
si possano trovare adeguate soluzioni ai molti conflitti che travagliano il mondo".
"Sarebbe bello e significativo che le parrocchie che aderiscono all'iniziativa espongano sulla facciata della propria chiesa o sul campanile
una bandiera della pace - ha dichiarato Tonio Dell'Olio, coordinatore nazionale di Pax Christi - per indicare la volonta' di pace dei credenti in
Cristo e far sapere che in quella Chiesa si sta pregando e progettando per la pace".
E' un modo, questo, per dare eco e sostegno "ai si' e ai no" pronunciati con ferma determinazione da Giovanni Paolo II ieri nel discorso tenuto al corpo
diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
mercoledì, gennaio 15, 2003
Mi sono un po' stufato dei blog italiani, specialmente di quelli di splinder.
Prima ne leggevo regolarmente almeno 50 al giorno, ora sto tagliando decisamente.
Mentre leggo sempre più quelli stranieri, almeno imparo un po' di inglese corrente.
Oggi mi ha colpito quello di Rachel, neozelandese, per un motivo di per sè banale: raccontava del 16 gennaio. Il 16 gennaio è domani ma qualcuno, dall'altra parte del mondo l'ha già vissuto.
Mi ha fatto uno strano effetto, quasi stessi leggendo il futuro.
Quello che più mi ha stufato leggendo qua e là è che ognuno parla troppo della propria insoddisfazione, della propria infelicità, dei propri problemi.
Se invece guardassimo di più quelli altrui il mondo sarebbe migliore, perchè aiutando gli altri aiutiamo noi stessi, almeno fin dove l'uomo può arrivare.
In ogni caso è vera una frase di Newman che ho letto proprio oggi:
It is certain that man is not sufficient for his own happiness, that he is not himself, is not at home with himself, without the presence within him of the grace of Him who, knowing it, has offered that grace to all freely.
Prima ne leggevo regolarmente almeno 50 al giorno, ora sto tagliando decisamente.
Mentre leggo sempre più quelli stranieri, almeno imparo un po' di inglese corrente.
Oggi mi ha colpito quello di Rachel, neozelandese, per un motivo di per sè banale: raccontava del 16 gennaio. Il 16 gennaio è domani ma qualcuno, dall'altra parte del mondo l'ha già vissuto.
Mi ha fatto uno strano effetto, quasi stessi leggendo il futuro.
Quello che più mi ha stufato leggendo qua e là è che ognuno parla troppo della propria insoddisfazione, della propria infelicità, dei propri problemi.
Se invece guardassimo di più quelli altrui il mondo sarebbe migliore, perchè aiutando gli altri aiutiamo noi stessi, almeno fin dove l'uomo può arrivare.
In ogni caso è vera una frase di Newman che ho letto proprio oggi:
It is certain that man is not sufficient for his own happiness, that he is not himself, is not at home with himself, without the presence within him of the grace of Him who, knowing it, has offered that grace to all freely.
martedì, gennaio 14, 2003
Mi sono appena iscritto ad un corso di gaelico ossia di lingua irlandese.
Non che ce ne sia bisogno, qui parlano tutti inglese, ma è un modo per entrare più in profondità nella cultura locale.
Quando ero nelle Fiandre ho studiato il fiammingo, che non è molto difficile per chi conosce il tedesco, e anche se non riuscivo a sostenere una conversazione sapevo almeno presentarmi e parlare un po' delle mie ricerche. Ma lì tutti parlavano olandese quindi in qualche modo ero avvantaggiato, potevo esercitarmi in continuazione, almeno nell'ascolto.
Stavolta sarà diverso intanto perchè anche se tutte le insegne pubbliche sono bilingue, a differenza di altre zone del paese, è raro trovare a Dublino qualcuno che parli il gaelico come prima lingua. Ma la maggiore difficoltà sta proprio nella lingua, che non assomiglia a nessuna di quelle conosciute. Sarà un bel divertimento!
Non che ce ne sia bisogno, qui parlano tutti inglese, ma è un modo per entrare più in profondità nella cultura locale.
Quando ero nelle Fiandre ho studiato il fiammingo, che non è molto difficile per chi conosce il tedesco, e anche se non riuscivo a sostenere una conversazione sapevo almeno presentarmi e parlare un po' delle mie ricerche. Ma lì tutti parlavano olandese quindi in qualche modo ero avvantaggiato, potevo esercitarmi in continuazione, almeno nell'ascolto.
Stavolta sarà diverso intanto perchè anche se tutte le insegne pubbliche sono bilingue, a differenza di altre zone del paese, è raro trovare a Dublino qualcuno che parli il gaelico come prima lingua. Ma la maggiore difficoltà sta proprio nella lingua, che non assomiglia a nessuna di quelle conosciute. Sarà un bel divertimento!
Il campus è pieno di spagnoli e che fanno abitualmente gli spagnoli? Festeggiano.
Oggi una nuova festa dal titolo L'amico invisibile.
Prima di Natale hanno scritto i loro nomi su dei bigliettini e poi ognuno ne ha preso uno.
Ora che le vacanze sono finite e sono tornati tutti ognuno dà un regalo a chi ha estratto.
Naturalmente nessuno sa da chi receverà il regalo, qui sta il bello.
Un'altra variazione sul tema dono.
Appena ho un po' di tempo rivedo gli appunti di Marion che ci ha parlato proprio della fenomenologia del dono e li metto on line.
Sempre a proposito di feste, ho saputo che giovedì e venerdì ci saranno due Ceili!
(Un Ceili è una festa di balli tradizionali irlandesi).
Non so se riuscirò a farmeli entrambi, intanto comincio ad allenarmi.
Oggi una nuova festa dal titolo L'amico invisibile.
Prima di Natale hanno scritto i loro nomi su dei bigliettini e poi ognuno ne ha preso uno.
Ora che le vacanze sono finite e sono tornati tutti ognuno dà un regalo a chi ha estratto.
Naturalmente nessuno sa da chi receverà il regalo, qui sta il bello.
Un'altra variazione sul tema dono.
Appena ho un po' di tempo rivedo gli appunti di Marion che ci ha parlato proprio della fenomenologia del dono e li metto on line.
Sempre a proposito di feste, ho saputo che giovedì e venerdì ci saranno due Ceili!
(Un Ceili è una festa di balli tradizionali irlandesi).
Non so se riuscirò a farmeli entrambi, intanto comincio ad allenarmi.
Ho consegnato la mia traduzione a maggio ed il mio editore non si decide a pubblicarla e allora gli dedico questo indimenticabile pezzo degli Smiths (e intanto mi cerco un altro editore).
Frankly, Mr Shankly, I'm a sickening wreck
I've got the 21st century breathing down my neck
I must move fast, you understand me
I want to go down in celluloid history Mr Shankly
Fame, fame, fatal fame
it can play hideous tricks on the brain
but still I rather be famous
than righteous or holy, any day, any day, any day
Frankly, Mr Shankly, since you ask
you are a flatulent pain the arse
I do not mean to be so rude
but still, I must speak frankly, Mr Shankly, give us money
Frankly, Mr Shankly, I'm a sickening wreck
I've got the 21st century breathing down my neck
I must move fast, you understand me
I want to go down in celluloid history Mr Shankly
Fame, fame, fatal fame
it can play hideous tricks on the brain
but still I rather be famous
than righteous or holy, any day, any day, any day
Frankly, Mr Shankly, since you ask
you are a flatulent pain the arse
I do not mean to be so rude
but still, I must speak frankly, Mr Shankly, give us money
lunedì, gennaio 13, 2003
Adel Smith - il fanatico "islamista" picchiatore e picchiato, tutto in
diretta, alla tv - e' musulmano, mi pare, quanto lo sono io. Non so se
sbarchi il lunario vendendosi per feroce Saladino o se sia direttamente
pagato da qualcuno interessato a far casino. L'Italia e' il paese dove
gli "anarchici" che mettono le bombe alle questure alla fine risultano
essere in paga, ogni ventisette, ai servizi segreti. E il nostro, che
Allah, lo conservi, ha tutta l'aria di essere uno di questi. Fatto sta
che Adel Smith non l'ha inventato ne' Bin Laden ne' lo sceicco Omar.
L'ha inventato Bruno Vespa, l'anno scorso, quando lo tiro' su dalla
strada e lo gabolo' agli italiani come ferocissimo capo dei musulmani
italiani, che non l'avevano mai ne' visto ne' considerato prima
d'allora. Sulle orme di Bruno Vespa, una televisione locale gl'inventa
una trasmissione apposta, qualcosa del genere "Il feroce Ali' Smith
sputa addosso agli italiani".
Tutta questa farsa avrebbe dovuto termitare subito, nel senso che Vespa
avrebbe dovuto essere richiamato (altro che Santoro) dalla Rai e sul
turco-napoletano Smith sarebbe dovuto calare un velo pietoso.
Invece, poiche' conveniva, ne e' stato fatto un personaggio.
Lui, per bestialita' o per obbligo di paga ha prontamente risposto alle
attese degli inpresari, che lo esponevano come una belva da baraccone.
Il passo successivo,anch'esso prevedibile e previsto, e' l'intervento
dei delinquenti di Forza Nuova, probabilmente favorito (se non
organizzato) dai gestori della tv. Tutto fa audience, va bene.
Ma ormai le cose sono andate troppo oltre e la prossima puntata, se lo
sceneggiato va avanti, sara' col morto. Smith va espulso dall'Italia,
non perche' e' musulmano ma proprio perche' non lo e'. La televisione
che cinicamente l'ha usato va oscurata per motivi d'ordine pubblico.
Forza Nuova va sciolta, perche' e' un movimento fascista (tuttora
vietato dalla legge) e perche' ha provato di essere un'organizzazione
dedita alla violenza. I delinquenti che hanno picchiato Smith devono
andare in galera e restarci per il tempo previsto dalla legge (non per
burletta come i cosiddetti "serenissimi"). L'onorevole Borghezio, che
ha rivendicato l'aggressione terrroristica, va espulso dalla Lega.
Bossi, che non ha espulso Borghezio, va espulso dal governo. E il
governo, che non ha espulso Bossi, dev'essere richiamato da Ciampi.
Tutte fantasie, d'accordo. Pero', proprio perche' sono tutte fantasie,
la prossima volta ci scappera' il morto.
Riccardo Orioles
diretta, alla tv - e' musulmano, mi pare, quanto lo sono io. Non so se
sbarchi il lunario vendendosi per feroce Saladino o se sia direttamente
pagato da qualcuno interessato a far casino. L'Italia e' il paese dove
gli "anarchici" che mettono le bombe alle questure alla fine risultano
essere in paga, ogni ventisette, ai servizi segreti. E il nostro, che
Allah, lo conservi, ha tutta l'aria di essere uno di questi. Fatto sta
che Adel Smith non l'ha inventato ne' Bin Laden ne' lo sceicco Omar.
L'ha inventato Bruno Vespa, l'anno scorso, quando lo tiro' su dalla
strada e lo gabolo' agli italiani come ferocissimo capo dei musulmani
italiani, che non l'avevano mai ne' visto ne' considerato prima
d'allora. Sulle orme di Bruno Vespa, una televisione locale gl'inventa
una trasmissione apposta, qualcosa del genere "Il feroce Ali' Smith
sputa addosso agli italiani".
Tutta questa farsa avrebbe dovuto termitare subito, nel senso che Vespa
avrebbe dovuto essere richiamato (altro che Santoro) dalla Rai e sul
turco-napoletano Smith sarebbe dovuto calare un velo pietoso.
Invece, poiche' conveniva, ne e' stato fatto un personaggio.
Lui, per bestialita' o per obbligo di paga ha prontamente risposto alle
attese degli inpresari, che lo esponevano come una belva da baraccone.
Il passo successivo,anch'esso prevedibile e previsto, e' l'intervento
dei delinquenti di Forza Nuova, probabilmente favorito (se non
organizzato) dai gestori della tv. Tutto fa audience, va bene.
Ma ormai le cose sono andate troppo oltre e la prossima puntata, se lo
sceneggiato va avanti, sara' col morto. Smith va espulso dall'Italia,
non perche' e' musulmano ma proprio perche' non lo e'. La televisione
che cinicamente l'ha usato va oscurata per motivi d'ordine pubblico.
Forza Nuova va sciolta, perche' e' un movimento fascista (tuttora
vietato dalla legge) e perche' ha provato di essere un'organizzazione
dedita alla violenza. I delinquenti che hanno picchiato Smith devono
andare in galera e restarci per il tempo previsto dalla legge (non per
burletta come i cosiddetti "serenissimi"). L'onorevole Borghezio, che
ha rivendicato l'aggressione terrroristica, va espulso dalla Lega.
Bossi, che non ha espulso Borghezio, va espulso dal governo. E il
governo, che non ha espulso Bossi, dev'essere richiamato da Ciampi.
Tutte fantasie, d'accordo. Pero', proprio perche' sono tutte fantasie,
la prossima volta ci scappera' il morto.
Riccardo Orioles
Il Time ha indetto un sondaggio on line per stabilire quale sia la nazione che più minaccia la pace in questo 2003.
I risultati, per ora parziali, sono sorprendenti se si tiene conto che la maggior parte dei votanti sono occidentali che parlano inglese.
Su oltre 90000 votanti la classifica [ la seguente
Corea del Nord 10,2
Ira 14,6
USA 75,2
I risultati, per ora parziali, sono sorprendenti se si tiene conto che la maggior parte dei votanti sono occidentali che parlano inglese.
Su oltre 90000 votanti la classifica [ la seguente
Corea del Nord 10,2
Ira 14,6
USA 75,2
... e se la colpa fosse della tivu'?
Dopo la giusta e doverosa condanna dello squadrismo fascista, e in attesa
delle decisioni della magistratura, forse vale la pena porsi qualche domanda
sul vergognoso episodio accaduto l'altra sera negli studi di Telenuovo.
Non sappiamo se l'aggressione in diretta sia stata spontanea o se fosse
organizzata.
Il fatto e' che la televisione ha sempre piu' bisogno di alzare gli ascolti.
Ed e' piu' facile richiamare l'attenzione con la violenza (appellandosi agli
istinti piu' bassi dei telespettatori) che non proponendo iniziative
intelligenti (che sollecitano il buongusto e la cultura del pubblico).
La televisione, per fare concorrenza alla realta', vuole piu' insulti, piu'
volgarita', piu' violenza di quella che gia' esiste per le strade.
E cosi' un pestaggio in diretta tivu' entra in tutte le case ed e' piu'
efficace di una qualsiasi pestaggio che puo' avvenire in una squallida e
semioscura periferia.
La televione, poi, replica se stessa. Il pestaggio di Telenuovo e' diventato
cibo per ogni altra televisione, rimandato in differita da Rai e Mediaset.
Cosi' la violenza, vera o falsa che sia, viene moltiplicata all'infinito.
C'e' un solo modo per spezzare questa catena perversa. "Il rumore non puo'
imporsi sul rumore" diceva Gandhi "il silenzio, si'".
Percio' chi vuole rifiutare questo abbrutimento culturale ha uno strumento
decisivo: usare il telecomando per spegnere la tivu'.
Mao Valpiana
Dopo la giusta e doverosa condanna dello squadrismo fascista, e in attesa
delle decisioni della magistratura, forse vale la pena porsi qualche domanda
sul vergognoso episodio accaduto l'altra sera negli studi di Telenuovo.
Non sappiamo se l'aggressione in diretta sia stata spontanea o se fosse
organizzata.
Il fatto e' che la televisione ha sempre piu' bisogno di alzare gli ascolti.
Ed e' piu' facile richiamare l'attenzione con la violenza (appellandosi agli
istinti piu' bassi dei telespettatori) che non proponendo iniziative
intelligenti (che sollecitano il buongusto e la cultura del pubblico).
La televisione, per fare concorrenza alla realta', vuole piu' insulti, piu'
volgarita', piu' violenza di quella che gia' esiste per le strade.
E cosi' un pestaggio in diretta tivu' entra in tutte le case ed e' piu'
efficace di una qualsiasi pestaggio che puo' avvenire in una squallida e
semioscura periferia.
La televione, poi, replica se stessa. Il pestaggio di Telenuovo e' diventato
cibo per ogni altra televisione, rimandato in differita da Rai e Mediaset.
Cosi' la violenza, vera o falsa che sia, viene moltiplicata all'infinito.
C'e' un solo modo per spezzare questa catena perversa. "Il rumore non puo'
imporsi sul rumore" diceva Gandhi "il silenzio, si'".
Percio' chi vuole rifiutare questo abbrutimento culturale ha uno strumento
decisivo: usare il telecomando per spegnere la tivu'.
Mao Valpiana
domenica, gennaio 12, 2003
Oggi dot ci racconta della sua carriera di chitarista strafiga.
Carriera per ora interrotta, ma chi può dire ...
Faccio notare che il suo primo insegnante sono stato io ed la più grande soddisfazione di un maestro è vedersi superato, come in questo caso dall'allieva.
Carriera per ora interrotta, ma chi può dire ...
Faccio notare che il suo primo insegnante sono stato io ed la più grande soddisfazione di un maestro è vedersi superato, come in questo caso dall'allieva.
sabato, gennaio 11, 2003
Il mio racconto della giornata di ieri è andato purtroppo perso e sono costretto a ripetermi.
In mattinata ultima lezione di Richard Kearney su 'the dialectical hermeneutics of action'.
Ha parlato più che altro di Paul Ricoeur, che conosce molto bene e finalmente mi è piaciuto.
Mi sentivo a casa perchè Ricoeur è uno dei miei preferiti, un vero genio, incredibilmente ricco di spunti, che dev'essere ancora scoperto in tutta la sua fecondità.
Ho avuto modo di conoscerlo e di incontrarlo diverse volte a Napoli, è una persona molto semplice ed un grande camminatore!
Appena dopo pranzo sono andato al Mater Dei Institute, a Drumcondra, un quartiere nella parte nord di Dublino per un simposio dedicato a Jean-Luc Marion.
Ci sono andato con la mia nuova bicicletta. (nuova si fa per dire, visto che è di terza mano, ma nuova per me)
Senza allenamento, all'ora di punta, non conoscendo la strada.
La cosa più difficile è stato guidare a sinistra, già perchè anche qui hanno questa barbara abitudine. E' un incubo per chi non è abituato, ad ogni incrocio mi ripetevo: vai a sx e guarda a dx, vai a sx e guarda a dx.
Per fortuna ci sono spesso le corsie preferenziali per le bici che però sono accanto a quelle per gli autobus, per cui sembra sempre che ti stiano per travolgere.
Dopo dieci minuti nel traffico cittadino proprio davanti a me una ciclista viene buttata a terra al semaforo, il camioncino che la segue si ferma a pochi centimetri dalle sue gambe. Che spavento! Ed io che ero già timoroso e titubante...
Per fortuna non si è fatta male.
Il simposio era dedicato a Jean-Luc Marion, un filosofo parigino che ha cercato di pensare Dio al di fuori delle nozioni classiche del'essere metafisico.
C'è da qualche anno nella filosofia francese, in particolare quella che si riconosce nella tradizione fenomenologica, un ritorno di interesse per la teologia. Qualcuno l'ha chiamata 'la svolta teologica', a me sembra più che altro una nuova moda. Non mi riferisco a Marion ma ho l'impressione che i filosofi che scimmiottano i teologi fanno una cattiva filosofia e una ancor più cattiva teologia.
Non perchè io creda nell'impermeabilità delle discipline, piuttosto nella laicità della filosofia, ma credo che per scrivere di teologia bisogna averla studiata, seriamente.
Se penso in Italia a Vattimo o Galimberti è apprezzabile il loro tentativo di affrontare questioni sistematicamente rimosse in passato, ma al confronto con i teologi veri mi sembrano delle pernacchie, celebri pernacchie.
In mattinata ultima lezione di Richard Kearney su 'the dialectical hermeneutics of action'.
Ha parlato più che altro di Paul Ricoeur, che conosce molto bene e finalmente mi è piaciuto.
Mi sentivo a casa perchè Ricoeur è uno dei miei preferiti, un vero genio, incredibilmente ricco di spunti, che dev'essere ancora scoperto in tutta la sua fecondità.
Ho avuto modo di conoscerlo e di incontrarlo diverse volte a Napoli, è una persona molto semplice ed un grande camminatore!
Appena dopo pranzo sono andato al Mater Dei Institute, a Drumcondra, un quartiere nella parte nord di Dublino per un simposio dedicato a Jean-Luc Marion.
Ci sono andato con la mia nuova bicicletta. (nuova si fa per dire, visto che è di terza mano, ma nuova per me)
Senza allenamento, all'ora di punta, non conoscendo la strada.
La cosa più difficile è stato guidare a sinistra, già perchè anche qui hanno questa barbara abitudine. E' un incubo per chi non è abituato, ad ogni incrocio mi ripetevo: vai a sx e guarda a dx, vai a sx e guarda a dx.
Per fortuna ci sono spesso le corsie preferenziali per le bici che però sono accanto a quelle per gli autobus, per cui sembra sempre che ti stiano per travolgere.
Dopo dieci minuti nel traffico cittadino proprio davanti a me una ciclista viene buttata a terra al semaforo, il camioncino che la segue si ferma a pochi centimetri dalle sue gambe. Che spavento! Ed io che ero già timoroso e titubante...
Per fortuna non si è fatta male.
Il simposio era dedicato a Jean-Luc Marion, un filosofo parigino che ha cercato di pensare Dio al di fuori delle nozioni classiche del'essere metafisico.
C'è da qualche anno nella filosofia francese, in particolare quella che si riconosce nella tradizione fenomenologica, un ritorno di interesse per la teologia. Qualcuno l'ha chiamata 'la svolta teologica', a me sembra più che altro una nuova moda. Non mi riferisco a Marion ma ho l'impressione che i filosofi che scimmiottano i teologi fanno una cattiva filosofia e una ancor più cattiva teologia.
Non perchè io creda nell'impermeabilità delle discipline, piuttosto nella laicità della filosofia, ma credo che per scrivere di teologia bisogna averla studiata, seriamente.
Se penso in Italia a Vattimo o Galimberti è apprezzabile il loro tentativo di affrontare questioni sistematicamente rimosse in passato, ma al confronto con i teologi veri mi sembrano delle pernacchie, celebri pernacchie.
La Commissione per la Giustizia, la Pace e l'Integrità del Creato, un
organismo congiunto dell'Unione dei Superiori Generali (USG) e
dell'Unione Internazionale dei Superiori Generali (UISG), in pratica i dirigenti degli ordini religiosi cattolici, ha scritto
questa lettera al presidente degli USA per scongiurare la guerra in
Iraq.
L'opposizione alla guerra delle varie componenti della Chiesa è sempre
più chiara ed evidente.
Quale sarà la posizione dei cattolici italiani in Parlamento quando si
voterà su un coinvolgimento del nostro Paese? Saranno coerenti con
l'insegnamento della Chiesa o seguiranno le indicazioni dei loro
partiti?
Onorevole George W. Bush,
Casa Bianca
Washington, D.C.
Natale 2002
Caro Signor Presidente,
preoccupati per lo stato avanzato dei preparativi per una invasione
dell'Iraq da parte degli Stati Uniti, noi della Commissione Giustizia,
Pace e Integrità del Creato ci siamo riuniti a Roma durante questo
periodo natalizio per dare una voce pubblica alla fervida preghiera
che è nei cuori di centinaia di uomini e donne, superiori di
Congregazioni di sorelle, fratelli e sacerdoti appartenenti all'Unione
dei Superiori Generali e all'Unione Internazionale dei Superiori
Generali.
Prendendo l'ispirazione dal Messaggio di sua Santità Papa Giovanni
Paolo II per la Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2003), ci
rivolgiamo a lei come a una delle persone di buona volontà a cui si
rivolge il Papa. Sappiamo che anche lei condivide la visione di pace
sulla terra che i messaggeri di Dio hanno proclamato nel primo Natale,
e che i cristiani sono chiamati a promuovere come un impegno
permanente per il terzo millennio.
Noi affermiamo e sosteniamo la "Dichiarazione sull'Iraq" della
Conferenza Episcopale Statunitense del 13 novembre. Con i vescovi, noi
accogliamo la sua decisione di lavorare in collaborazione con il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per assicurarsi che l'Iraq
soddisfi gli obblighi di disarmarsi.
Tuttavia, con essi noi esprimiamo gravi preoccupazioni riguardo alla
moralità della progettata invasione che rischia di provocare un più
vasto conflitto. La supplichiamo di accettare l'appello dei vescovi in
tutti i suoi punti, particolarmente quelli che rigettano l'uso
preventivo della forza militare.
Come cittadini cristiani di un mondo benedetto da numerose e ricche
tradizioni religiose, 1,04 milioni di religiosi, uomini e donne, che
formano le nostre congregazioni, vivono e lavorano in quasi tutte le
nazioni del mondo. Essi mantengono un dialogo stretto e rispettoso con
persone di altre fedi. Insieme a loro temiamo che un'invasione
dell'Iraq possa creare una lamentevole polarizzazione religiosa che
potrebbe distruggere i preziosi successi ottenuti nel dialogo
interreligioso. Temiamo inoltre che l'invasione possa suscitare gravi
e imprevedibili rappresaglie contro persone innocenti sia in Iraq che
in altre nazioni.
Rispettosi del peso e della complessità delle sue responsabilità, noi
ripetiamo le parole del Vescovo Wilton D. Gregory, che l'ha supplicata
di cessare le preparazioni per un'invasione e di condurre al suo posto
"una effettiva risposta globale alle minacce dell'Iraq che si adegui
con i limiti morali tradizionali sull'uso della forza militare."
Autori: Cathy Arata (SSND), Bernard Couvillion (SC), Michael Mc Cabe
(SMA), Willy Ollevier (CICM).
(da nigrizia)
organismo congiunto dell'Unione dei Superiori Generali (USG) e
dell'Unione Internazionale dei Superiori Generali (UISG), in pratica i dirigenti degli ordini religiosi cattolici, ha scritto
questa lettera al presidente degli USA per scongiurare la guerra in
Iraq.
L'opposizione alla guerra delle varie componenti della Chiesa è sempre
più chiara ed evidente.
Quale sarà la posizione dei cattolici italiani in Parlamento quando si
voterà su un coinvolgimento del nostro Paese? Saranno coerenti con
l'insegnamento della Chiesa o seguiranno le indicazioni dei loro
partiti?
Onorevole George W. Bush,
Casa Bianca
Washington, D.C.
Natale 2002
Caro Signor Presidente,
preoccupati per lo stato avanzato dei preparativi per una invasione
dell'Iraq da parte degli Stati Uniti, noi della Commissione Giustizia,
Pace e Integrità del Creato ci siamo riuniti a Roma durante questo
periodo natalizio per dare una voce pubblica alla fervida preghiera
che è nei cuori di centinaia di uomini e donne, superiori di
Congregazioni di sorelle, fratelli e sacerdoti appartenenti all'Unione
dei Superiori Generali e all'Unione Internazionale dei Superiori
Generali.
Prendendo l'ispirazione dal Messaggio di sua Santità Papa Giovanni
Paolo II per la Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2003), ci
rivolgiamo a lei come a una delle persone di buona volontà a cui si
rivolge il Papa. Sappiamo che anche lei condivide la visione di pace
sulla terra che i messaggeri di Dio hanno proclamato nel primo Natale,
e che i cristiani sono chiamati a promuovere come un impegno
permanente per il terzo millennio.
Noi affermiamo e sosteniamo la "Dichiarazione sull'Iraq" della
Conferenza Episcopale Statunitense del 13 novembre. Con i vescovi, noi
accogliamo la sua decisione di lavorare in collaborazione con il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per assicurarsi che l'Iraq
soddisfi gli obblighi di disarmarsi.
Tuttavia, con essi noi esprimiamo gravi preoccupazioni riguardo alla
moralità della progettata invasione che rischia di provocare un più
vasto conflitto. La supplichiamo di accettare l'appello dei vescovi in
tutti i suoi punti, particolarmente quelli che rigettano l'uso
preventivo della forza militare.
Come cittadini cristiani di un mondo benedetto da numerose e ricche
tradizioni religiose, 1,04 milioni di religiosi, uomini e donne, che
formano le nostre congregazioni, vivono e lavorano in quasi tutte le
nazioni del mondo. Essi mantengono un dialogo stretto e rispettoso con
persone di altre fedi. Insieme a loro temiamo che un'invasione
dell'Iraq possa creare una lamentevole polarizzazione religiosa che
potrebbe distruggere i preziosi successi ottenuti nel dialogo
interreligioso. Temiamo inoltre che l'invasione possa suscitare gravi
e imprevedibili rappresaglie contro persone innocenti sia in Iraq che
in altre nazioni.
Rispettosi del peso e della complessità delle sue responsabilità, noi
ripetiamo le parole del Vescovo Wilton D. Gregory, che l'ha supplicata
di cessare le preparazioni per un'invasione e di condurre al suo posto
"una effettiva risposta globale alle minacce dell'Iraq che si adegui
con i limiti morali tradizionali sull'uso della forza militare."
Autori: Cathy Arata (SSND), Bernard Couvillion (SC), Michael Mc Cabe
(SMA), Willy Ollevier (CICM).
(da nigrizia)
giovedì, gennaio 09, 2003
Ieri è iniziato, almeno per me, il secondo semestre.
Questa settimana seguirò un corso intensivo con Richard Kearney.
Richard è stato professore nel mio dipartimento fino a due anni fa, ora si è spostato al Boston College e viene da noi come visiting professor.
E' molto conosciuto, brillante, scrittore prolifico, non solo di saggistica filosofica ma anche romanzi.
Il corso è dedicato all'ermeneutica dell'alterità, seguiamo il suo ultimo lavoro Strangers, Gods and Monsters: Interpreting Otherness.
La lezione di ieri era su stranieri e capri espiatori, un'ora sull'iconologia medievale dei demoni e un'ora sulla teologia del sacrificio, in particolare Renè Girard.
Oggi il tema era lo straniero: prima un'ora su Derrida e l'ospitalità, poi un po' di Levinas e per finire un po' di approccio psicoanalitico con Julia Kristeva.
Niente di nuovo a dire la verità. Autori che conosco, anche se non bene, e che non mi appassionano particolarmente. Salverei solo Girard, sicuramente un grande e Levinas. La psicoanalisi è una grande bolla di sapone e Derrida lo leggerei più volentieri se si sforzasse di farsi capire un po' di più.
Kearny si ascolta con piacere ma mi attendevo qualcosa di più. Conosce bene la filosofia continentale contemporanea, specialmente di lingua francese, ma finora non ho sentito niente di veramente suo.
Ieri ho cominciato anche il corso di Metafisica con Fran O' Rourke.
Questa settimana seguirò un corso intensivo con Richard Kearney.
Richard è stato professore nel mio dipartimento fino a due anni fa, ora si è spostato al Boston College e viene da noi come visiting professor.
E' molto conosciuto, brillante, scrittore prolifico, non solo di saggistica filosofica ma anche romanzi.
Il corso è dedicato all'ermeneutica dell'alterità, seguiamo il suo ultimo lavoro Strangers, Gods and Monsters: Interpreting Otherness.
La lezione di ieri era su stranieri e capri espiatori, un'ora sull'iconologia medievale dei demoni e un'ora sulla teologia del sacrificio, in particolare Renè Girard.
Oggi il tema era lo straniero: prima un'ora su Derrida e l'ospitalità, poi un po' di Levinas e per finire un po' di approccio psicoanalitico con Julia Kristeva.
Niente di nuovo a dire la verità. Autori che conosco, anche se non bene, e che non mi appassionano particolarmente. Salverei solo Girard, sicuramente un grande e Levinas. La psicoanalisi è una grande bolla di sapone e Derrida lo leggerei più volentieri se si sforzasse di farsi capire un po' di più.
Kearny si ascolta con piacere ma mi attendevo qualcosa di più. Conosce bene la filosofia continentale contemporanea, specialmente di lingua francese, ma finora non ho sentito niente di veramente suo.
Ieri ho cominciato anche il corso di Metafisica con Fran O' Rourke.
Tra i miei buoni propositi di quest'anno c'è anche quello di passare un periodo di studio ad Oxford e l'idea di ritrovarmi BIll Clinton come Canchellor mi inquieta, ma non sono solo.
Da The Guardian di oggi: Perchè Clinton non è l'uomo giusto per Oxford.
Veneris administer erectissime, indefatigabilis pilis, o gulose, dilecte sine causa amicis qui Britanniae praesunt ignaris, tuum ingenium ad nummos cogendum te, Praeses Clinton, Cancellarium Universitatis Oxoniensis faciat fructuosum.
Da The Guardian di oggi: Perchè Clinton non è l'uomo giusto per Oxford.
Veneris administer erectissime, indefatigabilis pilis, o gulose, dilecte sine causa amicis qui Britanniae praesunt ignaris, tuum ingenium ad nummos cogendum te, Praeses Clinton, Cancellarium Universitatis Oxoniensis faciat fructuosum.
mercoledì, gennaio 08, 2003
Ho scritto su un forum molto frequentato ed ecco che il numero dei miei visitatori virtuali si è impennato.
No problem, domani tornerò ai miei fidati 10 lettori.
Un caro saluto a Vince, Anna, Emanuela, Chiara e dot.
It's so cold in Ireland.
No problem, domani tornerò ai miei fidati 10 lettori.
Un caro saluto a Vince, Anna, Emanuela, Chiara e dot.
It's so cold in Ireland.
Sono tornato finalmente a Dublino e ricomincio a scrivere.
Due cose da segnalare: intanto che l'aereo è arrivato con un largo anticipo e di questi giorni è veramente una notizia.
La seconda cosa è che qui fa freddissimo.
La mia stanza non riesce proprio a scaldarsi ed io non riesco a dormire.
Cerco di vedere il lato positivo di tutto ciò.
C'è sempre un lato positivo in tutte le situazioni e questo freddo stambecco mi ricorda il Natale appena trascorso, quello vero intendo. Non la festa delle lucette, dei regalini, dei pranzi, dei 'siamo tutti più buoni'. No, il Natale vero, quello di Gesù Cristo, che venne 'al freddo e al gelo' ossia tra le normali difficoltà degli uomini comuni.
E siccome gran parte dell'umanità vive in condizioni ben peggiori delle mie sia lodato fratello freddo perchè mi fa sentire vicino a chi trema.
Buona giornata a tutti, vado a prepararmi per la prima lezione del secondo semestre.
Due cose da segnalare: intanto che l'aereo è arrivato con un largo anticipo e di questi giorni è veramente una notizia.
La seconda cosa è che qui fa freddissimo.
La mia stanza non riesce proprio a scaldarsi ed io non riesco a dormire.
Cerco di vedere il lato positivo di tutto ciò.
C'è sempre un lato positivo in tutte le situazioni e questo freddo stambecco mi ricorda il Natale appena trascorso, quello vero intendo. Non la festa delle lucette, dei regalini, dei pranzi, dei 'siamo tutti più buoni'. No, il Natale vero, quello di Gesù Cristo, che venne 'al freddo e al gelo' ossia tra le normali difficoltà degli uomini comuni.
E siccome gran parte dell'umanità vive in condizioni ben peggiori delle mie sia lodato fratello freddo perchè mi fa sentire vicino a chi trema.
Buona giornata a tutti, vado a prepararmi per la prima lezione del secondo semestre.
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