sabato, giugno 24, 2006

Con quest'ultimo appello, che ho ricevuto da Stefano Ceccanti, chiudiamo la discussione sul referendum.



No al referendum per una riforma migliore


1.
Ci sentiamo impegnati per il "No" nel referendum sulla riforma costituzionale e nel contempo riteniamo doveroso precisare le nostre posizioni a favore di una riforma migliore. Non crediamo né giusto, né opportuno, né corretto, che lo schieramento a favore del No sia indistinto e generico, tale da ingenerare l’idea che il No significhi la fine di un percorso necessario per il Paese. Siamo così convinti di rafforzare lo schieramento per il No ampliandone la base a chi altrimenti si sentirebbe tentato dall’astensione tra due alternative entrambe avvertite come lontane dalla propria posizione di merito e deformanti della realtà.

Siamo infatti contro questa riforma perché i meccanismi in essa prescelti distorcono o addirittura capovolgono i punti di partenza ispirati ad alcuni validi principi (legittimazione diretta del Primo Ministro, superamento del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento del sistema delle autonomie).

L'obiettivo del rafforzamento del governo è infatti contraddetto in taluni passaggi sino ad indebolirne pesantemente l'azione. Da un lato l’obbiettivo della coerenza delle maggioranze è costruito in maniera tale da rendere i governi prigionieri di esigue minoranze interne alla maggioranza – al punto di spostare in capo ad esse il potere di provocare lo scioglimento anticipato della legislatura - e dall’altro la composizione e i poteri di veto del cosiddetto Senato federale permangono tali da costituire un pesante ostacolo all’esercizio della funzione di governo e al limpido esercizio della funzione legislativa. La composizione e i poteri di veto dello stesso sono tali da offuscare e contraddire la scelta, pur importante e apprezzabile, di sottrarre allo stesso (ma con decorrenza dal 2011) il voto di fiducia e taluni poteri di indirizzo politico. Insomma ciò che è tolto con una mano (il potere fiduciario) è restituito surrettiziamente con l’altra (un abnorme potere di veto).

L’obbiettivo della costruzione di un federalismo moderno ed efficiente – tanto conclamato dalla Lega Nord- è contraddetto dalla previsione di limiti tali da soffocare le autonomie regionali. Le burocrazie centrali e i gruppi di pressione nazionali saranno così resi protagonisti del rapporto Stato-regioni. Le sovrapposizioni di competenze (talvolta definendo “esclusive” sia le competenze statali sia quelle regionali sulla stessa materia) aumenteranno il contenzioso presso la Corte costituzionale, mentre per di più si moltiplicano oltre misura gli accessi ad essa col rischio di paralisi dell’organo.

La Costituzione repubblicana ne esce in ogni modo stravolta e indebolita. Se non si riuscisse a fermare questa riforma con il voto popolare avremmo governi e maggioranze più deboli ed autonomie regionali meno garantite.

2. Per i suddetti motivi denunciamo il tentativo dei partiti che l’hanno approvata di presentare il testo di riforma come adeguato al rafforzamento del governo e alla costruzione del federalismo e per questo motivo non condividiamo anche il simmetrico ricorso di alcuni oppositori del testo ad allarmismi esagerati e ingiustificati sui poteri del Primo Ministro e sulla divisione dell’Italia. Per bocciare il testo, basta e avanza criticare ciò che c’è davvero, senza bisogno di aggiungere ulteriori pericoli e c’è bisogno di indicare esplicitamente una prospettiva migliore di riforma.

3. Ci impegniamo pertanto a respingere questo confuso progetto sottoposto a referendum, ma affermiamo con pari forza, fin da adesso, che una volta che esso sia stato bocciato, ci sarà ancora bisogno di riforme istituzionali realmente in grado di rinnovare e di far funzionare in modo efficiente ed efficace le nostre istituzioni. E su questo riteniamo necessario che si esprimano chiaramente partiti e movimenti che intendono battersi per il “No”.

Una nuova riforma costituzionale dovrà sancire con chiarezza che spetta solo agli elettori scegliere il governo per l'intera legislatura e che a tale scopo vanno riconosciuti al Primo Ministro quei poteri che consentono allo stesso di mantenere coesa la maggioranza, ivi compresa, con adeguati contrappesi, la proposta di ricorso anticipato alle urne, prevista nei principali ordinamenti europei.

Il bipolarismo, e i governi di legislatura che ne conseguono, sono ormai acquisiti nella cultura politica di un gran numero di italiani, siano essi elettori del centrodestra che del centrosinistra, e hanno trovato una clamorosa conferma nella grande partecipazione alle primarie del centrosinistra e nella stessa ampia partecipazione alle elezioni politiche dell’aprile scorso.

Una incisiva riforma costituzionale dovrà altresì eliminare il cosiddetto bicameralismo perfetto voluto dai costituenti, sconosciuto in altre democrazie proprio perché incompatibile con la logica di un robusto governo parlamentare e che – come in più occasioni denunciato da un vasto schieramento - ha dimostrato di non funzionare.

4. Non pochi limiti del quadro istituzionale rischiano di essere aggravati dalla controriforma elettorale che produce pericolosi effetti di indebolimento del bipolarismo, di rafforzamento di alcune oligarchie partitiche e di conseguente allontanamento degli eletti dagli elettori.

Per questo crediamo, innanzitutto, che si debba da subito, urgentemente, mettere in cantiere il ritorno al collegio uninominale, perfezionato col ricorso ad elezioni primarie, che consente di ritornare ad un rapporto reale degli eletti con gli elettori e a creare maggioranze più solide ed omogenee.

In ogni caso solo agli elettori spetta scegliere il Governo nelle elezioni politiche per l‘intera legislatura, senza aprire la strada ad inaccettabili forme di trasformismo post-elettorale.

5. Nel contempo andrà ben delimitata un’area significativa di decisioni da sottrarre alla secca riproposizione della contrapposizione tra maggioranza e opposizione. Ci riferiamo alle decisioni relative alle regole elettorali, a quelle relative alle garanzie per l’ opposizione, fino a materie come la bioetica, ed altre materie eticamente sensibili, che per loro natura richiedono convergenze capaci di reggere al variare delle alternanze politiche. Le garanzie andranno costruite nel bipolarismo e non dal bipolarismo: cioè devono essere tali da bilanciare razionalmente la forza delle maggioranze tutelando i diritti dei singoli cittadini e dell’opposizione parlamentare. Bisogna però evitare di bloccare il sistema con anomali poteri di veto che portino a forme di consociazione che dissolvano il principio di responsabilità di chi governa. Non si tratta di innalzare in modo indiscriminato i quorum di approvazione, ma per lo più di concordare in via convenzionale di non procedere da soli a scelte unilaterali o anche di consentire che alcune decisioni vengano spostate su organi terzi e non all’arbitrio della maggioranza: ad esempio il giudizio sulla regolarità dei risultati elettorali non può essere attribuito in modo insindacabile ad organismi parlamentari, ma consentito un ricorso in appello alla Corte costituzionale.

In questo quadro andranno fissate in Costituzione regole nuove per l’informazione e la comunicazione politica, pubblica e privata, i cui problemi non si esauriscono con la pur essenziale rimozione del conflitto di interessi.

6. Voteremo “No”, altresì, alla devoluzione dei poteri voluta dalla Lega Nord. Ma la nostra nuova proposta di riforma deve riprendere le modifiche, tra cui la rimodulazione delle materie trasferite alle Regioni, che correggono alcuni errori per eccesso dell’incompleta e incoerente riforma approvata cinque anni fa dal centrosinistra che pur si muoveva in una direzione complessivamente condivisibile. Diciamo questo per doverosa chiarezza politica e per evitare che siano ingannati quei settori dell’elettorato del Nord che credono nel federalismo. Ma lo diciamo anche per sottolineare come non sia possibile limitarsi a bloccare questa pasticciata riforma e tenere poi in vita così com’è la riforma del 2001,con effetti nocivi sia per lo Stato sia per le Regioni .

Anche in questo caso, una volta bocciato il progetto, sarà necessario perciò ripensare in modo organico l’assetto dello Stato con un’incisiva riforma costituzionale che, abrogando parti della riforma del 2001, e correggendo la stessa Costituzione del 1948, riorganizzi i livelli territoriali di governo e assicuri insieme l’autorità dello Stato nazionale e un forte decentramento dei poteri, superando sia tentazioni e pratiche centralistiche e sia regressioni e pratiche localistiche, che soffocano, entrambi, con una perversa tenaglia, lo sviluppo economico del Paese.

In ogni caso la riforma del Titolo V varata nel 2001 va completata con i necessari strumenti di cooperazione, primo fra tutti un Senato realmente rappresentativo delle Regioni, slegato dal rapporto fiduciario col Governo e quindi dalla logica maggioranza-opposizione, chiamato ad essere la sede prima della cooperazione e non grave intralcio alla governabilità, come è invece concepito dalla riforma sottoposta a referendum.

7. Per far questo dovremo rilanciare l’invito a “riscrivere insieme” le riforme necessarie della Costituzione trovando momenti di collaborazione parlamentare fra maggioranza ed opposizione. Tenendo conto della inadeguatezza della procedura prevista dall’articolo 138 (che ha favorito riforme frutto di maggioranze di governo) e dell’usura dello strumento delle Commissioni Bicamerali occorre, fin da adesso, progettare strumenti nuovi.

A tal fine si può ipotizzare – come avvenuto “con il metodo Convenzione” per la Costituzione europea – un percorso straordinario costituente (se non un’Assemblea Costituente, a cui alcuni di noi pensano), un organo composto da un numero ristretto di membri, coinvolgendo parlamentari scelti in maniera paritaria tra i due schieramenti, rappresentanze regionali, locali ed europee, esponenti del mondo universitario e delle realtà sociali ed economiche. Giungendo così a scrivere un progetto di revisione che per l’autorevolezza dei suoi membri, e per la loro rappresentatività, sia in grado di essere approvato rapidamente dal Parlamento (eventualmente adottando procedure di tipo redigente) e ratificato da un referendum popolare.

8.Per questo voteremo “no” nel referendum. Per questo ci organizziamo per collaborare ad un’ampia partecipazione riformatrice in modo chiaramente distinto da coloro che si battono per il No in modo generico o perché ritengono di dover chiudere la stagione delle riforme. Ci batteremo insieme per mettere in moto un’iniziativa che realizzi un grande consenso nazionale su un progetto alto di riforma. E chiederemo, in particolare, di battersi con noi anche a quanti, nell’uno e nell’altro schieramento, hanno condiviso, con i referendum elettorali del 1991 e del 1993, le battaglie e le speranze per un’Italia più moderna.

Il nostro programma è quindi semplice: NO a questa riforma, SI’ ad un incisivo processo costituente, che rafforzi la Costituzione del 1948. Un serio patriottismo costituzionale va manifestato adeguando la Costituzione, non chiudendosi nelle strettoie di un assoluto conservatorismo.

Primi firmatari tra i circa 200 già pervenuti

(in corsivo i politologi, in grassetto i costituzionalisti)

Michele Agostini, Marco Ai cardi, Francesco Alario, Ubaldo Alifuoco, Christian Amatori, Sesa Amici, Filippo Andreatta, Pantaleone Annunziata, Associazione Valdo Magnani di Reggio Emilia, Fulvio Baldin, Serena Baldin, Gianfranco Baldini, Ugo Baldini, Luca Balzi, Augusto Barbera, Massimo Barrella, Francesco Baruffi, Roberto Barzanti, Carlo Bassetti, Marcello Basso, Gianni Bechelli, Claudio Bellavita, Enrica Belli, Paolo Benesperi, Gianni Bernini, Giuseppe Berta, Alessandro Bertini, Vincenzo Bertolini, Monica Bettoni, Roberta Biagi, Giovanni Bianchi, Giovanni Bianco, Salvatore Biasco, Giuseppe Bicocche, Marco Bisbano, Paolo Bonari, Salvatore Bonfiglio, Simona Borello, Piero Borla, Carlo Bossi, Lidia Brilli, Willer Bordon, Riccardo Borghi, Paolo Bosi, Alessandro Branz, Stefano Brogi, Luigi Brossa , Flavio Brugnoli, Gianfranco Brunelli, Anna Bucciarelli, Marco Campione, Giuseppe Campo, Katya Camponeschi, Giliberto Capano, Marco Carrai, Francesco Cavazzuti, Bruno Ceppitelli, Stefano Ceccanti, Franco Cefalota, Giovanni Celenta, Claudio Cesa, Gianfranco Cestrilli, Franca Chiaromonte, Emanuele Ciancio, Emilio Ciarlo, Bartolo Ciccardini, Angelo Cifatte, Circolo Riformista di Verona, Tommaso Ciuffolotti, Leopoldo Coen, Claudio Colombo, Pino Casentino, Umberto Croppi, Salvatore Curreri, Antonio Dainelli, Natale D’Amico , Cinzia Dato, Franco Debenedetti, Loreto Del Cimmuto, Patrizio Del Prete, Francesco De Notarsi, Eugenio Di Blasio, Giuseppe Di Genio, Danilo Di Matteo, Francesco Di Nisio, Alessandro Di Nucci, Enzo Di Nuoscio, Andrea Drezzadore, Maria Chiara Esposito, Sergio Fabbrini, Stefano Facchi, Antonio Farri, Luciano Fasano, Stefano Fassina, Nicola Favati, Giorgio Federici, Vittorio Ferla, Antonio Ferrara, Luisa Ferrari, Anna Ferrario, Andrea Ferrazzi, Rachele Filippetto, Deo Fogliazza, Federico Formisano, Roberto Franceschetti, Mario Fucito, Antonio Funiciello, Sabato Fusco, Massimo Gaggini, Paola Gaiotti, Elisa Garosi, Gilberto Gasparini, Stefano Gaviglio, Paolo Giaretta, Oriano Giovannelli, Gregorio Gitti, Stefano Goracci, Nino Grazzani, Michele Guarda, Romolo Guasco , Luciano Guerzoni, Luca Guglielminetti, Angelica Guidi, Remigio Iacopino, Pietro Ichino, Riccardo Illy, Berardo Impegno, Pasquale Improta, Francesca Izzo, Lucio Lapalorcia, Legautonomie, associazione autonomie locali, Aldo Loiodice, Michele Lucchesi, Walter Lunardi, Giampiero Lupatelli, Miriam Mafai, Claudia Mancina, Susanna Mancini, Stelio Mangiameli, Armando Mannino, Pierluigi Mantini, Silvio Mantovani, Alessandro Maran, Luigi Marattin, Alberto Martinelli, Carla Martino, Marco Martorelli, Bruno Marzocchi, Pietro Marzotto, Diego Masi, Oreste Massari, Alberto Mattei, Giovanna Melandri, Stefano Merlini, Paolo Messa, Virginia Messerini, Giovanni Militerno, Alberto Milla, Fabrizio Molina, Gloria Monaco, Enrico Morando, Andrea Marezzi, Antonio Moro, Andrea Morrone, Giovanni Moschella, Enzo Musco, Tommaso Nannicini, Salvatore Antonio Nappi, Paolo Naso, Beppe Navello, Massimo Negarville, Magda Negri, Isabella Nespoli, Fausto Carmelo Nigrelli, Corrado Ocone, Nello Olmi, Sonia Oranges, Franco Osculati, Graziella Pagano, Ruggero Paladini, Letizia Paolozzi, Alfonso Pascale, Giovanni Pellegrino, Mario Pernechele, Antonio Perrelli, Alessandro Petretto, Carlo Piccinini, Giovanni Pieraccini, Bruno Pierozzi, Roberta Pinotti, Gabriella Pistone, Giovanni Poggeschi, Antonio Polito, Paolo Pombeni, Elisa Pozza Tasca, Franca Prisco, Erminio Quartiani, Giulio Quercini, Giorgio Radaelli, Pippo Ranci, Beatrice Rangoni Macchiavelli, Umberto Ranieri, Margherita Raveraira, Ugo Retis, Vito Riggio, Michele Rizzi, Mario Romano, Gian Enrico Rusconi, Alberto Sabbioni, Riccardo Saccenti, Mimmo Sacco, Roberto Salsi, Michele Salvati, Gianluca Salvatori, Marcello Sartarelli, Carlo Scognamiglio Pasini, Mario Segni, Eugenio Somaini, Francesco Soro, Pierluigi Sorti, Antonio Spignoli, Maria Antonietta Spiller, Carlo Tanara, Ferdinando Targetti, Giglia Tedesco, Francesco Tempestini, Sandro Tesini, Fulvio Tessitore, Chicco Testa, Domenico Ticozzi, Silvano Toffolutti, Diego Toma, Giorgio Tonini, Gianni Toniolo, Aldo Torchiaro, Francesco Totino, Stefano Tripi, Giulio Vaccaio, Salvatore Vassallo, Adriano Verlato, Mirta Alessia Verlato, Roberto Vitali, Luigi Viviani, Sleiman Zammar, Fulvia Zinno, Elio Ziparo, , ,

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