lunedì, luglio 08, 2019

La personalità del concepito e la responsabilità medica.

Pochi temi dividono e appassionano tanto il mondo dottrinario e giurisprudenziale così come l’opinione pubblica quanto il tema dell’aborto e il tema, certo più concreto e sentito (tanto per la copertura costituzionale del fondamentale diritto alla salute ex art. 32 Cost. quanto per la lettura e menzione di numerosi fatti di cronaca), della c.d. malasanità e della responsabilità medica, quest’ultima oggetto negli anni di vari pronunciamenti giurisprudenziali e di novelle legislative (ultima delle quali è la l. 24/2017, che ha introdotto il nuovo art. 590 sexies cp).
Ed è proprio un intreccio di questi due temi l’oggetto di tale articolo, che proverà a commentare una recente ed interessante pronunzia della Suprema Corte di Cassazione al riguardo (la n. 27539/2019, sez. IV, 20 giugno, Pres. Piccialli e Rel. Esposito, qui da poco rinvenibile https://www.studiocataldi.it/articoli/35083-responsabilita-medica-durante-il-parto-il-feto-diventa-persona.asp  ), che certamente segna un punto importante nella tutela del concepito.
Innanzitutto, pur dal 1978 prevedendo il nostro ordinamento l’aborto (chiamato “interruzione volontaria di gravidanza”) con la famosa l. 194/1978, si è comunque sempre trattato il concepito come un soggetto di diritto, non solo nel Codice Civile (artt. 1 e 5 e artt. 320, 462, 715 e 784, dei quali è evidente l’impronta romanistica, esemplificata dal brocardo “nasciturus pro jam nato habetur quotiens de commodis ejus agitur”), ma nella stessa citata l. 194 (art. 1, citazione indiretta), nella l. 40/2004 (art. 1) e, estensivamente, secondo interpretazione della giurisprudenza costituzionale, ex artt. 2, 3 e 31 Cost.; da ultimo, inoltre, merita menzione il nuovo art. 593 bis cp (relativo all’interruzione colposa di gravidanza, con pena prevista da un minimo di tre mesi ad un massimo di due anni di reclusione); certamente vi è un’incoerenza del sistema, data la previsione di pratiche che comportano la soppressione del concepito, o, nel caso della l. 194/1978, la netta prevalenza della tutela della decisione della gestante a scapito del nascituro come anche del genitore e padre, e tuttavia, almeno formalmente, esso è e rimane soggetto di diritto nell’ordinamento vigente.
La tutela del concepito, quindi, è sia civile che penale, così come il quadro della responsabilità medica è sia civile che penale che, anche, amministrativo.
Secondariamente, la legge sulla responsabilità medica non si applica al solo dottore e medico chirurgo, ma a tutte quelle figure con cui il paziente entra in c.d. contatto (sociale), ossia, pure, il personale paramedico, gli infermieri, i dentisti, le ostetriche; ed è proprio questo il caso in questione.

Prosegue qui.

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