lunedì, maggio 04, 2020

Bella intervista a Valentina Conti. 


Le pratiche narrative si trovano al centro di un territorio che, in gran parte, ci è ancora ignoto. Come orientarci?

Tutto è narrazione. È semplice: la narratività consiste nel mettere in ordine eventi secondo un ordine cronologico e un principio di causa-effetto, ossia in base a un processo che potremmo definire logistico (“quello è avvenuto prima di questo”, “quello è la causa di questo”, e viceversa). Le narrazioni categorizzano l’ambiente, qualsiasi esso sia, mettendo in sequenza fatti ed eventi; senza contare poi che, grazie alle scienze neuro-cognitive, abbiamo compreso che impariamo a conoscere e interpretare il mondo attraverso modelli cognitivi essenziali: frames scripts.

Ad ogni accadimento viene apposta un’etichetta semantica (frame) registrata nella memoria semantica, la quale viene conseguentemente inserita dalla memoria episodica all’interno di una catena processuale (scripts), che ci permetterà di predire gli eventi futuri, sulla base di schemi pregressi. Ma attenzione: questi ultimi vengono continuamente aggiornati non solo in base all’esperienza, ma altresì per mezzo delle narrazioni.

Pertanto, a partire dai tre anni di vita iniziamo a elaborare uno stile di storytelling che ci consente di classificare la rappresentazione mentale della situazione in cui ci troviamo; al tempo stesso,è possibile esplicitare questo modo classificatorio della realtà basato sui frames e gli scripts solo grazie allo storytelling, grazie al narrare. Insomma, e qui mi ripeto, tutto è narrazione.

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