In queste ore di apprensione il mondo guarda ai luoghi dove si sta tessendo la pace. Guarda ai disarmati "artigiani di speranza" che lavorano per ricondurre il cammino dell'umanità su sentieri di riconciliazione e di fraternità. Guarda anzitutto al primo e instancabile "operatore di pace", Giovanni Paolo II, che nella mattina di venerdì 14 febbraio ha incontrato in Vaticano il Vice-Primo Ministro della Repubblica dell'Iraq, Tarek Aziz.
Guarda alla missione del suo Inviato Speciale, il Card. Roger Etchegaray, il quale, incontrando la comunità cristiana di Mossul, nel Nord del Paese, ha rinnovato il suo appello a credere nella pace e ad operare concretamente per allargare gli spazi della pace.
Ma in queste ore gli occhi del mondo si volgono imploranti verso l'Alto. Per la comunità cristiana è il momento in cui più forte si leva la voce fidente della preghiera. Nelle Cattedrali e nei Santuari, nelle parrocchie e nelle chiese, in famiglia e nei luoghi di lavoro, si sfoderano le "armi" povere dell'orazione, del digiuno, della rinuncia. Veglie, fiaccolate, riflessioni scandiscono il ritmo interiore di queste giornate, percorse da un profondo, vibrante anelito di pace.
Quello dei "costruttori di pace" è un lavoro nascosto, silenzioso, che richiede una fede granitica. Che esige la pazienza dell'ascolto, del dialogo, della comprensione. Ma esige soprattutto coraggio. E questo è il momento del coraggio di osare la pace.
L'Osservatore Romano, 15 febbraio 2003.
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